Tutto pronto per le nuove date a teatro di “Come pietra paziente”, dal 2 al 5 dicembre e dal 6 al 9 dicembre 2021. Una tavola rotonda nel pomeriggio del 24 novembre scorso, in occasione del 25 novembre (Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne) presso la Casa Internazionale delle Donne, per parlare e presentare “Come Pietra Paziente: la donna afghana tra abusi ed emancipazione”, un’opera teatrale con la regia di Matteo Tarasco, protagonista l’attrice Alessia Navarro.
Un’occasione, quella di fine novembre, di incontro e confronto che ha posto riflessioni importanti e interrogativi inquietanti sulla condizione femminile afghana e delle donne tutte, in vista delle nuove date di dicembre dello spettacolo, a forte connotazione sociale ed umana. Un focus sulla donna afghana e sulle donne di tutto il mondo.
Siamo reduci dall’affossamento del DDL Zan, più di un mese fa, e ora ci si “straccia le vesti per la data del 25 novembre”: evidentemente serve ancora una “data” come occasione di riflessione per la condizione della donna per parlare e sensibilizzare su abusi e violenze e per chiedere atti ufficiali ancora più significativi.
Al successo dell’anteprima nazionale del 10 e 11 novembre scorso, seguiranno le repliche al Teatro 7 OFF di Roma dal 2 al 5 dicembre prossimi e al Teatro Tor Bella Monaca dal 6 al 9 dicembre.
“Come pietra paziente” era stata presentata in anteprima nazionale il 10 e l’11 novembre scorso al Teatro Marconi di Roma con la protagonista Alessia Navarro; nel cast, Fabio Appetito, Marcello Spinetta e Kabir Tavani. Tratto dal romanzo “Pietra di pazienza” di Atiq Rahimi, autore e regista afghano, gli attori portano in scena il dramma della donna afghana e la sua dura condizione di vita.
Il progetto, sostenuto dalla Regione Lazio con il Fondo unico 2021 sullo Spettacolo dal vivo, è un viaggio doloroso e un percorso molto duro negli abusi culturali che caratterizzano purtroppo la vita della donna afghana; il dramma di donne private di ogni libertà, diritto e dignità, alle quali ogni diritto viene negato. La cronaca e l’attualità politica ce lo mostrano ogni giorno.
La trama dello spettacolo:
Una moglie assiste il marito morente, tra le mura della loro casa mentre fuori si sentono solo rumori di spari e disperazione. Dinanzi a suo marito, impossibilitato a rispondere per la gravità delle ferite, la donna confessa e rivendica la propria condizione femminile, ergendo il corpo inerme a sua Pietra di Pazienza. La pietra, nella tradizione afghana, è una sorta di muto confessore di drammi interiori, di necessità e dolori inespressi.
Abbiamo raggiunto e intervistato la protagonista, Alessia Navarro.
Come nasce lo spettacolo e come si è preparata ad un ruolo così complesso? Nella trama si condensano tematiche molto importanti.
L’idea dello spettacolo nasce qualche anno fa, dalla suggestione scaturita in me in seguito alla visione del film tratto dalla medesima opera dell’autore afghano Atiq Rahimi. Son dovuti passare altri due anni affinché vedesse la luce. Per la regia mi sono rivolta immediatamente ad una persona di una bravura, sensibilità e professionalità dirompente: Matteo Tarasco, con cui avevo già lavorato, che ne ha curato l’adattamento e che sapevo avrebbe trattato l’argomento con delicatezza e responsabilità. Responsabilità è la parola chiave con cui noi tutti, attori compresi, abbiamo approcciato all’opera. Viste le tematiche che ne confluiscono, condizione della donna in quel particolare contesto politico e sociale, retaggi culturali, sessuali, sentimenti di aberrante sottomissione e coercizione è stato necessario lavorare con un fortissimo senso etico per restituire allo spettatore un’immagine della storia il più veritiera possibile e vicina alla realtà. il mio personale approccio al lavoro è stato innanzitutto basato su un attento e minuzioso studio della storia afghana e di conseguenza della condizione e delle norme comportamentali a cui le donne sono sottoposte e anche da un punto di vista fisico, lo studio della cinesica culturale delle stesse.
La “pietra paziente” raccoglie le confessioni: una sorta di confessore silenzioso di drammi e interiorità.
Nella tradizione popolare afghana la pietra di pazienza è una sorta di pietra magica a cui lamentare tutte le proprie disgrazie, le proprie sofferenze, le cose che non osi rivelare a nessuno nel tentativo di liberartene. Lo stesso percorso che compie la donna che interpreto per poter finalmente comunicare senza essere interrotta, senza essere biasimata.
Lo spettacolo rappresenta un viaggio attraverso gli abusi femminili, la donna privata di ogni dignità e libertà, la donna usata e abusata. Lo vediamo dalla cronaca che ci racconta e riporta il dramma delle donne afghane.
Una storia senza fine, in qualunque parte del mondo. In questo spettacolo prendiamo spunto dal racconto di una donna in particolare, inserita in uno specifico contesto spazio-temporale. Ma è solo uno spunto per poter allargare il nostro raggio d’azione verso orizzonti più ampi e sentimenti universali quali la solitudine, la sottomissione, l’impossibilità di esprimere le proprie opinioni e le proprie idee. È un grido a favore dell’autodeterminazione della donna affinché mai più possa essere abusata e saccheggiata della propria dignità di cui l’Afghanistan, in questo momento è il principale detrattore.
Siamo reduci dall’affossamento del DDL Zan, più di un mese fa, e ora ci si straccia le vesti per la data del 25 novembre. Serve ancora una Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne, ogni 25 novembre, per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere alle Istituzioni atti concreti, più fatti. Un suo pensiero sulla condizione della donna nel nostro Paese e nel Mondo.
Molta strada è stata fatta e moltissima ce n’è ancora da fare. I recenti fatti di cronaca ne sono un esempio costante. Non possiamo più permettere che alla donna vengano ancora negati alcuni diritti essenziali. In qualunque momento, in qualunque posto, occorre gridare con forza e denunciare qualsiasi atto di violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne. Non solo donne, ma soprattutto gli uomini dovrebbero manifestare in maniera plateale il loro dissenso verso ogni forma di tale aberrante violenza.