Un’ora di discorso, diversi applausi e le urla dell’opposizione al ritmo di Mastella, Mastella. Iniziano così le 48 ore in cui il governo guidato da Giuseppe Conte si gioca il tutto per tutto andando prima alla Camera, e poi domani al Senato, per cercare i voti di fiducia. Lo strappo voluto da Matteo Renzi è per Conte definitivo. Il premier non fa nessuna apertura al leader di Italia viva anzi fa capire come le strade si siano divise in maniera irreparabile. Conte parte dall’impegno cruciale che il Governo è riuscito a portare avanti di fronte a questa epocale prova che è la pandemia di covid. Un’emergenza che secondo Conte “ha messo le nostre certezze in discussione e la politica mai come prima si è dovuta confrontare con scienza e tecnica”.
La pandemia ha richiesto misure impensabili in condizioni di normalità: “Per primi in occidente abbiamo posto restrizioni alla libertà personale”. E in tutto questo, ha sottolineato il premier, “la maggioranza ha dimostrato grande responsabilità e risolutezza di azione, un serrato dialogo con tutti i livelli istituzionali”. Conte rivendica di aver operato con il governo un bilanciamento degli interessi costituzionali con grande scrupolo, nella consapevolezza dell’immane portata che quelle scelte avrebbero causato nella vita dei singoli e della comunità.
E così il premier ha ripercorso gli interventi e le misure assunte nei vari campi dell’emergenza sul fronte economico sociale. Ha riconosciuto il ruolo dell’opposizione quando è stata costruttiva, come sulle misure per le partita Iva. Una lunga panoramica per rendere ancora più evidente il contrasto tra L’Italia da salvare e la crisi politica aperta da Matteo Renzi. Una decisione che è arrivata, ha ribadito con te, “dopo attacchi anche scomposti durati giorni” e che si è basata sul fatto che la nuova bozza del Recovery Plan non contiene il Mes.
“Avverto un certo disagio perché oggi non sono qui a spiegare nuove misure ma per parlare di una crisi che non ha alcun plausibile fondamento. Nel paese c’è chi soffre per la malattia, per il disagio sociale, per quello economico e noi rischiamo di perdere il contatto con la realtà. C’è davvero bisogno di aprire una crisi in questa fase? No e abbiamo provato impedirla fino all’ultimo nonostante le continue pretese, rilanci sui temi divisivi in maggioranza”.
E siccome questa è una crisi che può causare danni enormi al Paese, così ha sottolineato Conte riferendosi anche all’attenzione internazionale che è ricaduta in maniera negativa sull’instabilità politica italiana, allora non si può tornare indietro. Il premier ha escluso di poter continuare la strada con Italia viva dopo questo doloroso strappo: “Non si può cancellare quello che è accaduto, non si recupera quel clima di fiducia punto adesso si volta pagina. L’Italia merita un governo coeso per l’incisiva ripresa economica”. E il presidente del consiglio ha messo sul tavolo una serie di azioni, tutte da soppesare, ma che vanno dal lavoro, alla riforma per la razionalizzazione del sistema degli ammortizzatori sociali, alla legge elettorale proporzionale. E non certo secondaria rispetto alle trattative imminenti, la delega all’Agricoltura che è pronto ad assegnare, come quella all’intelligence. Non è solo a Renzi che Conte parla, l’altra freccia è per i nazionalisti e sovranisti. Della serie mai anche con l’altro Matteo.
E allora con chi governare? Pd, Cinque Stelle e Leu: i parlamentari non bastano.
“Sarebbe un arricchimento per questa alleanza acquisire il contributo degli europeisti liberali socialisti. Chiedo un appoggio limpido: aiutateci a rimarginare la ferita nel patto di fiducia con i cittadini”. Questo con un patto di legislatura che Conte vuole siglare dopo il “grave gesto di responsabilità che ci ha gettato in un clima di incertezza”. E adesso? Questione di numeri.