Reduce dalle polemiche intorno alla serie Netflix “SanPa”, sollevate sul suo canale YouTube, Red Ronnie – giornalista editorialista e critico musicale, speaker, conduttore radiofonico e televisivo, dj dal ’75 al ’79 e produttore discografico – parla a cuore aperto anche della musica di oggi, dei social, della tv. Gabriele Ansaloni, questo il suo vero nome, fu uno dei primi conduttori e speaker radiofonici in una delle prime radio libere di Bologna e d’Italia, metà anni ’70.
Tra i tanti programmi radio e tv, ricordiamo Bandiera Gialla, programma di Italia 1 nel 1983 e 1984 da lui condotto e Be Bop a Lula, sempre su Italia 1 dal 1984 al 1991 e poi il celebre Roxy Bar, prima in televisione e poi, dal 2011, sul suo canale web
Ho avuto modo di incontrare personalmente e conoscere Red Ronnie quando andai a Bologna, molti anni fa, nel suo celebre Roxy Bar televisivo, in un paio di occasioni: la prima per una intervista per una radio locale/regionale, la seconda per portare una commedia surreale scritta da un amico autore, con un giovanissimo Elio Germano nel cast (già grande talento) occasione in cui per alcuni anni avevo studiato e praticato il teatro. Un personaggio senza vie di mezzo, amato e odiato, senza peli sulla lingua, sicuramente di grande competenza.
“Nella serie tv, solo le ombre di SanPa e non le luci”
Ma torniamo alle dichiarazioni di Ronnie in occasione della serie. Non smette infatti di far discutere la serie tv Netflix “SanPa” sulla vicenda e la storia della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, di Vincenzo Muccioli. Facciamo un passo indietro e andiamo per ordine: qualche settimana fa, all’indomani del lancio della serie sulla piattaforma, Ronnie grande amico di Vincenzo Muccioli, aveva detto la sua – esprimendo una sua opinione personale sulla serie – nel suo canale web. Tre ore di diretta live in cui il celebre conduttore televisivo, intervistato nella serie Netflix alla quale ha fornito anche molto materiale importante come rari e ampi e materiali video, aveva sollevato le inesattezze mostrate nella serie Netflix, difendendo quindi l’operato di Muccioli.
La diretta di Red Ronnie iniziava proprio parlando della figura di Muccioli e di tutte le polemiche intorno al suo metodo, approccio, ritenute da alcuni un salvatore (chi fu salvato a San Patrignano) e da altri una sorta di “santone” che assisteva i tossicodipendenti con modalità definite spesso “criminali e inaccettabili”.
Nella diretta YouTube del suo canale Roxy Bar TV sul web, il conduttore ha ricordato anche alcuni passaggi privati “Un giorno dissi a Vincenzo”, “perché ce l’hanno tutti con te?”, ha affermato Ronnie – “Mi rispose ‘è molto semplice: Primo perché non faccio parte di nessuna delle due chiese, non sono parte della chiesa cattolica né di quella comunista’”. “Secondo, mi disse: ‘quante persone ci sono a San Patrignano?’ Circa duemila, ognuna di queste persone consumava fuori da qui 300mila lire di eroina al giorno e per farlo avrebbe creato un indotto tra spaccio, furti, riciclaggio di materiale, di almeno un milione di lire al giorno. Un milione di lire al giorno per duemila persone quanto fa?” “E in un anno?” “800 miliardi di lire”. “Ecco perché io do fastidio, perché salvo le persone”.
Il conduttore televisivo aveva poi concluso con una specifica “accusa” alla serie, quella di “non aver inserito le moltissime possibili testimonianze di tossici e ospiti di San Patrignano” che lui conosceva molto bene e che erano stati salvati, “reinseriti nella società con un lavoro e diventati imprenditori o professori universitari”; inoltre “di aver tagliato nella serie molti suoi interventi e interviste che parlavano in favore di molti ospiti, una volta guariti”. Questo motivo, secondo Red Ronnie, era il grande fatto scatenante, “un’enorme omissione da parte della serie, in cui tutte le numerose testimonianze positive e le relative interviste non erano state inserite nel montaggio finale”.
C’è stata occasione per parlare anche di musica, di come sia cambiata oggi la musica, dei giovani e dei social.
Non possiamo non associarla a Bandiera Gialla e a tanti programmi radio-tv di successo, molto avanti rispetto ai tempi. La musica, le radio libere l’hanno fatto arrivare al Bandiera Gialla.
“Fu Bibi Ballandi manager e produttore che – acquisendo la Fonte Galvanina – mi disse di inventarmi qualcosa di nuovo e originale, è così è stato. A quell’epoca io lavoravo in banca ma non amavo molto l’ambiente, il nuovo direttore non mi piaceva molto e così colsi l’occasione per cambiare attività e la mia vita”.
Come andò quella prima esperienza tra radio e spettacolo? Era felice?
“Molto, anni irripetibili: ogni sera facevamo circa diecimila ingressi paganti e lì fu l’inizio di una serie di successi anche televisivi come Be-Bop-a-Lula”
Quanti telegatti ha vinto nella sua carriera?
“Ne ho vinti 7 ma in particolare 3 con Videomusic, per il programma Roxy Bar. Furono i primi telegatti al di fuori del duo-polio Rai e Mediaset. Oggi la musica è tutt’altra cosa invece”.
Come è cambiata la musica oggi, si insegue troppo il gusto del pubblico? Le Major sono cambiate?
“La musica genera emozione, la musica è potenza, è pericolosa per coloro che vogliono tenere il potere. Proviamo a pensare al Live Aid o a Peter Gabriel con la canzone Biko contro l’apartheid. Quanta gente è riuscita a sapere, apprendere, conoscere alcuni temi e capire proprio grazie al linguaggio della musica”.
Moltissimi hanno compreso e quindi, poi, cosa è successo?
“Quindi si doveva controllare e così si è arrivati al paradosso di oggi”
Quale paradosso?
“Ci sono state varie fasi nella musica. La prima, renderla gratuita con Napster. Poi si abbassa la qualità tecnica. Consideriamo anche che un brano è un giga mentre su supporto elettronico è di 0,3 mega, il che significa una qualità quattromila volte inferiore all’originale. Personalmente, nel 2011 dicevo che c’era troppa musica, di bassa qualità e che avrei suonato solo dischi in vinile. C’era chi, come Lorenzo Jovanotti, non era d’accordo. Infine tutto questo ha portato, a mio parere, a uno scadimento della musica, a vivere di sole immagini, a idoli vuoti e senza qualità, diventati famosi non per la loro musica ma perché sono diventati influencer, personaggi del web o dei social, personaggi del gossip come fossero tutti Paris Hilton”.
Lei è sempre stato sfavorevole al linguaggio della trap. Come mai non le piace?
“Trovo la trap un fenomeno vuoto e violento. Le canzoni usano un brutto linguaggio, sono ispiratrici di malcostume e per i giovani rappresentano un modello pessimo da seguire. È come se ci fosse un mondo fuori che ci vuole costringere a stare male ma per fortuna il fenomeno trap/music si è già dissolto o in via di dissolvenza”.
Come vede i giovani artisti oggi, anche del mondo indipendente?
“Ci sono giovani bravi, ci sono talenti eccezionali tra di loro ed io voglio dare voce proprio a questi. Da troppo tempo ormai, in un locale chiedono solo cover da suonare mentre c’è tanta qualità tra i giovani artisti attuali”.