Donne più a rischio di perdere il posto, di ammalarsi di covid mentre lavorano, di subire lo smartworking come un aggravio pesantissimo delle mansioni familiari. Tre angolazioni per guardare alla condizione femminile nel 2020: l’emergenza coronavirus ha aumentato le diseguaglianze. È un fenomeno tipico dei grandi choc. E così oltre ai giovani sono le donne che subiscono gli effetti della disparità.
I numeri in Europa sono chiari, le donne sono pagate meno degli uomini per ricoprire gli stessi ruoli, arrivano con maggiori difficoltà (e non per questione di meriti) ai vertici manageriali, devono fare i conti ancora con la doppia vita lavorativa e domestica. Su questo terreno già accidentato è arrivata la pandemia, la peggiore crisi sanitaria degli ultimi cento anni, con risvolti sociali e economici che ancora si devono verificare. Che conseguenze ci sono allora per le donne? Intanto dal punto di vista lavorativo: secondo l’Istat, una volta finito il blocco dei licenziamenti e terminate le cassa integrazioni, il 12% delle imprese è orientato a ridurre l’organico. E a rischio oltre ai giovani ci sono le donne.
La pandemia ha colpito molto duramente alcuni settori diventati incredibilmente fragili e esposti a subire gli effetti anche nella ripresa. Estetiste, professioni legate alla cura della persona, che vedono in larga parte impiegate le donne, sono state danneggiate dal coronavirus. E ci sono categorie che hanno subito gli effetti del lockdown in maniera drastica, trovandosi da un giorno all’altro senza stipendio e certezze. Le addette della mensa scolastica di Guidonia Montecelio, vicino Roma, sono scese in piazza perché da marzo non hanno più stipendi. Si tratta di donne nella maggior parte dei casi con famiglie monoreddito e figli a carico.
C’è stata una grande agitazione nel mondo della scuola, in vista delle ripresa di settembre, tanto da aver spinto, a fine giugno, insegnanti, precari, genitori a scendere in piazza per manifestare e chiedere al ministro Azzolina delle misure concrete per una ripartenza in sicurezza salvaguardando il diritto allo studio. Con loro c’erano gli Aec, assistenti educativi culturali, in larga parte donne, operatrici impegnate nelle scuole a supportare l’inserimento e la crescita dei bambini disabili. Hanno manifestato a Roma, anche da sole, con il sindacato Usb, per chiedere attenzione dopo mesi di interruzione dei servizi. A Nettuno, sempre in provincia di Roma, i lavoratori del’Aec sono rimasti senza fondo di integrazione salariale, lo ha denunciato la Uil. Altri problemi, altre donne senza paracadute.
Su 9 milioni e 872mila donne occupate, il 30% ha un figlio sotto i 15 anni. Un riferimento di partenza per capire la condizione delle “equilibriste” come le definisce il rapporto di Save Te Children sulla maternità in Italia nel 2020. Un’espressione che rende l’idea, per fotografare la condizione delle donne che ancora oggi sono costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, oppure a sobbarcarsi comunque tutto il peso del carico di cura. Con la pandemia c’è stato il tilt, e nella fase 3 le più penalizzate rischiano di essere le madri lavoratrici, circa il 6% della popolazione italiana. Questo è stato il quadro nelle settimane di lockdown: “Nonostante quasi la metà delle donne intervistate (44,4%) stia proseguendo la propria attività lavorativa in modalità agile – spiegano -, tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una stanza separata dai figli e compagni/e/mariti dove poter lavorare, mentre quasi la metà (42,8%) è costretta a condividere lo spazio di lavoro con i familiari. In questo periodo, per 3 mamme su 4 tra quelle intervistate (74,1%) il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli/e, anziani/e in casa, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo (spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare). Tra quelle che hanno dichiarato un aumento del carico domestico, il 43,9% dichiara un forte aumento, mentre il 30,2% lo considera aumentato di poco”.
Non solo. Le donne sono quelle più esposte al rischio di contagio del coronavirus. È quanto emerge dal report della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Lavorare ai tempi del Covid-19: il rischio contagio tra gli occupati italiani”, elaborato sulla base di 5 fattori di rischio a cui sono esposti i lavoratori. Quindi frequenza dei contatti con le altre persone, interazione con il pubblico, lavoro al chiuso, vicinanza fisica ad altre persone, frequenza esposizione a malattie e infezioni.
Le donne che potrebbero essere contagiate sono 4 milioni 345mila e rappresentano il 44% delle occupate. Di questa percentuale il 21,6% svolge una professione a rischio contagio molto elevato e il 22,4% elevato. Valori che risultano di gran lunga più alti di quelli che si riscontrano tra gli uomini.