Nel sorriso di Nicola Zingaretti c’è la convinzione di aver superato una prova elettorale che sarebbe potuta diventare un buco nero, per lui, il Pd e il governo nazionale. E non solo il partito democratico ce la fa, ma è primo dove si è votato, e chiude con un 3 a 3 la partita delle elezioni regionali, ottenendo due risultati sudatissimi, oltre alla incredibile riuscita di Vincenzo De Luca, fenomeno Campania. Perché Michele Emiliano si riprende la Puglia sconfiggendo il favorito Fitto, asso di Giorgia Meloni. E il centrosinistra resta al timone in Toscana con Giani, nuovo presidente, che non dà spazio alla sfidante Ceccardi sulla quale Matteo Salvini aveva puntato se non tutto, quasi. Non è che sia un miracolo, sbagliato raccontarla così. La prova della pandemia e della gestione dell’emergenza sanitaria ha rafforzato i presidenti forti e le amministrazioni regionali che hanno funzionato. Vale anche al nord per il Veneto, dove Luca Zaia tocca il record mai raggiunto di percentuale nell’elezione di un presidente di regione in Italia, e triplica con la sua civica il risultato della Lega. Sono sempre più forti e importanti i governatori, come impropriamente ogni tanto vengono chiamati anche in Italia. Una mano vincente che rafforza il governo nazionale, “ha vinto una squadra, una comunità, adesso sviluppo, investimenti green, sanità, scuola, università, semplificazioni”. E aleggia nell’aria la possibilità che Nicola Zingaretti lasci il Lazio per fare il vicepremier, per dare alla presenza del Pd maggiore solidità nel governo ma con tutte le ricadute sul livello regionale. Andrà così? Difficile immaginare a oggi che Zingaretti decida di farlo veramente, a prescindere dal futuro candidato alla presidenza che potrebbe essere il franceschiniano Daniele Leodori.
E ora Zingaretti farà il vicepremier?
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Fondatrice e direttore di Point, giornalista professionista, scrittrice fantasy bestseller, social media expert. Ama il digitale e l'innovazione.
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