“Canto degli sciagurati” è il pregiato video del singolo che anticipa La mia Patria attuale, il nuovo album di Massimo Zamboni, chitarrista, autore, cantautore, il cui nome è legato in modo indimenticato e indissolubile ai CCCP e CSI che hanno segnato la storia del punk e del rock nel nostro Paese. Un marchio di fabbrica, una preziosità.
L’uscita del disco, autunno prossimo
Affiancato nella produzione da “Asso” Stefana (storico chitarrista di Vinicio Capossela), il musicista e scrittore emiliano si circonda di amici storici e collaboratori come Gigi Cavalli Cocchi alla batteria e Simone Beneventi alle percussioni.
“Uniti come spinti da un richiamo, fuoriusciti da un canneto di palude si incamminano lungo sentieri di argilla in uno scenario di strutture dismesse, avanzi di un tempo già terminato. Sono gli sciagurati: un manipolo eterno incessantemente costretto a prendere tra le mani il coraggio di insorgere”.
Il video di Canto degli Sciagurati è diretto da Piergiorgio Casotti: si tratta di un racconto cinematografico in bianco e nero, molto raffinato, che mette in scena un atto di repressione.
La lotta eterna tra insurrezione e repressione: un intenso tratteggio
Massimo Zamboni: “Gli sciagurati devono insorgere, perché la disperazione impone di continuare. Si stagliano su una cresta fangosa e guardano la piana sottostante, con aria di sfida. Uno sbuffo di fumo da pipe di gesso segnala che là sotto, proprio in faccia a loro, alcuni soldati li aspettano. Senza fretta, senza concitazione, ognuno sa come andrà a finire. Una rullata di tamburi, il tempo di caricare il moschetto. Lo sparo. Gli spari. È finita. Per i soldati, un’altra giornata lavorativa si avvia alla conclusione, e tutto sembra terminare”.
E ancora: “Faccio fatica a parlare di singolo e di video, si tratta di un piccolo atto teatrale che si svolge in 4, 5 minuti. Canto degli sciagurati racconta una storia eterna. Una storia che percorre i secoli, che sempre si ripresenta e sempre pare concludersi in chiave tragica: quelle delle mille rivolte del passato e del futuro, eternamente stroncate sul nascere. Chiama alla necessità di prendere su di sé la responsabilità degli accadimenti, di non rinchiudersi in un guscio confortevole, ma di accettare che la memoria ci penetri e ci conduca. Sta a noi la scelta – ancora una volta: la responsabilità – sul come farlo”. Più che alla situazione pandemica e all’emergenza sanitaria, è al continuo ritorno tra passato e presente che il grande autore si è ispirato, al “continuo dispossessamento della nostra qualifica di cittadini” – ci spiega – avvenuta giorno per giorno. Un logorio, un’erosione continua di ciò che è stato conquistato, che è un meccanismo che si ripete nei secoli, fin dalla notte dei tempi, perché la libertà non è mai regalata, ma va presidiata quotidianamente”.
Una libertà che si deve conquistare, dunque, ma anche difendere. Un tratteggio prezioso, quello del regista Casotti, che gioca con il linguaggio cinematografico di Pasoliniana memoria, con l’omaggio a Pasolini in Uccellacci e uccellini, tenendo in equilibrio atmosfere distopiche e un senso, un valore, del Tempo e della Storia che ricordano il cinema di Straub-Huillet. Il cantato di Zamboni e del “Coro degli sciagurati”, con ritmi e percussioni strutturate, trasformano in una galoppata sonora quello che è invocazione agli Dei e chiamata all’insurrezione. Zamboni inaugura così un nuovo percorso della propria carriera artistica, focalizzandosi su una dimensione più cantautorale, stabilendo un ponte ideale con la poetica degli ultimi e degli sfruttati della grande tradizione del cantautorato italiano e mantenendo al tempo stesso il legame identitario con le sonorità e le preziosità dei CCCP e CSI.