Facciamo un gioco, digitiamo la parola “donna” e scopriamo cosa succede nel web. Questa è una delle prime notizie e curiosità che leggo in rete: “No alle riunioni con troppe donne, parlano troppo, più del necessario”. L’ha detto davvero Yoshiro Mori, Presidente del comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo. Invitato a dimettersi, ha rincarato la dose “Con le donne dentro a una riunione, non si finisce più, durano più del previsto”. Nel caso dunque ci venisse il dubbio che il machismo se ne stia andando, il sessismo e le relative frasi sessiste piano piano se ne possano andare al diavolo per sempre lasciando spazio a riflessione, parità di genere e meno stereotipi, inclusività e meno discriminazioni e pregiudizi da caverna, nel caso ci sedessimo per un nanosecondo (no, per carità) sugli allori e ci rilassassimo nella speranza di una società e mondo più civili, no, non è così. Le idee sull’inferiorità della donna nella società, in famiglia, nello sport e nel lavoro sono dure a morire, sono vive e vegete e restano solide tra noi. La donna è un bell’oggetto da esibire oppure una “cosa” in casa destinata a lavare mutande, stendere panni e fare il sugo, “i ruoli per i quali è nata”.
Voglio continuare, correggo allora il tiro, mi limito all’Italia e continuo a digitare la parola “donna”. Uno dei primi titoli che trovo è: “Omicidi in calo, ma aumentano i femminicidi”. Scorro il 2020 appena terminato e leggo che è stato un annus horribilis non solo per la pandemia globale ma anche per quanto riguarda i femminicidi, il peggiore anno in termini di percentuali dal 2000. E il 2021 non ha iniziato meglio: sono 7 i femminicidi dall’inizio dell’anno nuovo.
I dati, e non solo la cronaca, ci dicono che la pandemia ci ha costretto in casa a lungo per proteggerci dal Covid. Ma casa non è sempre sinonimo di sicurezza. Gli abusi e le violenze domestiche avvengono proprio tra “le sicure pareti della nostra casa”. Molte donne, nel periodo compreso tra marzo ed ottobre 2020, si sono rivolte al 1522, il numero verde antiviolenza promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità. Il 1522 ha fornito ad ISTAT i dati provenienti dalle chiamate, dando così informazioni concrete su come questo fenomeno si sia evoluto durante il lockdown.
Diamo un po’ di numeri
Sono il 71,7% in più le chiamate ricevute dal 1522 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (da 13424 a 23071). Le richieste di aiuto via chat sono quadruplicate passando da 829 a 3347 (Dati Istat violenza sulle donne, 2020). 10577 delle chiamate effettuate nel 2020 erano relative a richieste di aiuto o segnalazione di casi di violenza e sono cresciute, in un solo anno, del 107%. I contatti per ricevere informazioni sui CAV (centri antiviolenza) sono aumentati del 65,7%.
Sono in aumento anche gli uomini che si rivolgono al numero verde (2606 contro i 1145 del 2019). Le donne sono 20458 contro le 11979 del 2019.
I numeri descrivono un quadro drammatico quanto in salita e che ha un andamento tristemente “democratico” su più livelli, colpendo in modo indiscriminato sempre più persone. E’ un problema decisamente culturale, quello che abbiamo davanti ai nostri occhi ogni giorno. Comprendere e scardinare la matrice culturale di stampo “patriarcale” del fenomeno e mirare ad una concreta parità di genere, rimangono ad oggi gli strumenti per risolvere in modo deciso, radicale ed effettivo il problema della violenza di genere. E pensare che ci sono i negazionisti anche del femminicidio, un po’ come i complotti dei poteri forti, le scie chimiche, la terra piatta, Harry Potter e l’area 51.
La pandemia e lo smartworking hanno penalizzato le donne sul lavoro
Questo è un anno pesantissimo, sotto tutti i punti di vista e un altro anno – quello appena nato – non sarà certamente più morbido. Decido di cambiare tema e aggiungo alla parola “donna” il termine “lavoro”. O se preferite, il verbo “lavorare”. Qui si apre un altro mondo ancora, una voragine. Uno dei primi titoli che trovo è: “Il 98% di chi ha perso il lavoro è donna”. Il riferimento è ai dati di dicembre 2020 resi noti qualche giorno fa dall’Istat. Sono andata poi a scartabellare qualche dato internazionale, Stati Uniti ed Inghilterra non se la passano meglio.
E allora, per concludere, passo alle date
Mi ricordo che ci sono delle date, dei giorni importanti: dal 30 gennaio ai primi di marzo del 1946, sono giorni importanti perché riguardano il diritto di voto alle donne.
Il suffragio femminile è stato senza dubbio una grande conquista della nostra Storia, per noi donne. Il 30 gennaio 1945, quando ancora tutta l’Europa era impegnata nella II Guerra Mondiale e l’Italia del Nord era occupata dai tedeschi, durante una riunione del Consiglio dei Ministri si discuteva di un tema molto caldo: su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi, si parlava di diritto di voto per le donne. Non tutti, in quel preciso momento storico, sono favorevoli: per esempio alcuni membri del Partito liberale, del Partito d’Azione e del Partito Repubblicano sono perplessi, dubbiosi. Inevitabilmente, visti i tempi, la questione è sul tavolo ed è di grande importanza, va discussa, trattata con rispetto e cautela, e va poi votata come qualcosa ormai di “irreversibile”.
E così fu. Il 1 febbraio 1945 viene emanato il decreto legislativo che conferisce il diritto di voto alle cittadine italiane con più di 21 anni. Tranne le prostitute che non potevano votare. L’eleggibilità delle donne e quindi non solo la possibilità di andare a votare ma di essere anche elette, viene stabilita con un decreto successivo, il 10 marzo del 1946. Le donne italiane votano per la prima volta il 2 giugno 1946 e l’occasione è storica: il referendum Istituzionale “Monarchia-Repubblica”. Vince la Repubblica.
Abbiamo visto soltanto due donne, in questi giorni e una è di pura fantasia
Arriviamo alla politica di oggi e alla crisi di Governo, con il Presidente incaricato Mario Draghi: c’è qualcosa di strano, stridente, in questo passaggio Istituzionale così speciale e delicato, che pure sembra sfuggire allo sguardo di molti. Ci sono poche donne. Dove sono le donne? E’ come il tormentone di Bugo, del Sanremo 2020 prima della pandemia. Dopo di lui e Morgan, il cataclisma.
Fin dall’inizio di questa fase di consultazioni di donne ne abbiamo viste con evidenza soltanto due, moltiplicate nell’eco virale del web. Due sole donne, d’animo condottiero e un filo estreme: Giorgia Meloni e Daenerys Targaryen. L’onorevole Meloni la conosciamo, la seconda donna invece è un personaggio di pura fantasia e invenzione, attualissima. Daenerys Targaryen è un personaggio protagonista della saga fantasy “Cronache del ghiaccio e del fuoco” da cui è stata tratta la serie il Trono di Spade.
Perfetta per l’attuale congiuntura politico-astrale-istituzionale: una regina dei draghi di alto profilo e lignaggio, venuta da lontano, scelta da nessuno ma con l’ambizione di farsi amare dal popolo. Due donne di cui solo una è un personaggio inventato e tra lingue di fuoco e rocambolesche avventure ci viene a dire “ci penso io”. Non ci basta, vogliamo più donne nell’elenco dei Ministri e Sottosegretari al prossimo Governo Draghi.