Il numero di tigri selvatiche si sta riducendo in tutti i Paesi del sud-est asiatico continentale in cui vive la specie. È ormai quasi certo che nel 2022 in questa regione ci saranno meno tigri rispetto al 2010, il 2022 è l’anno in cui era stato fissato l’obiettivo Tx2 per raddoppiarne il numero globale, ma una strada verso il recupero della specie è possibile. Lo racconta il WWF in occasione della Giornata Mondiale della tigre, che come ogni anno si celebra il 29 luglio.
Negli ultimi 25 anni la tigre si è estinta in Cambogia, Laos PDR e Vietnam, mentre in Malesia, Myanmar e, in misura minore, Thailandia si è assistito a un decremento significativo*.
“Le popolazioni di tigre nel sud-est asiatico sono diminuite a un ritmo allarmante, nonostante gli impegni globali di 10 anni fa di aumentarne il numero. Non sarà troppo tardi se verranno intraprese azioni urgenti per gestire le ultime roccaforti di questo simbolo della natura selvaggia– ha affermato Stuart Chapman, capo della Tigers Alive Initiative del WWF-. Paesi come India, Nepal e Russia hanno dimostrato che con gli interventi giusti le popolazioni di tige possono riprendersi e, in alcuni casi, raddoppiare in un periodo di tempo relativamente breve. Tutelando l’habitat e garantendo loro la disponibilità di prede e un’adeguata difesa dal bracconaggio, le tigri possono riappropriarsi del loro spazio”.
I lacci – il tipo di trappola più utilizzato – sono la più grande minaccia per le tigri nel sud-est asiatico: si stima che ve ne siano circa 12 milioni sparsi sul territorio di tutte le aree protette in Cambogia, Laos e Vietnam, Paesi in cui le tigri sono già estinte localmente. Un segnale che indica l’entità della sfida che il resto della regione deve fronteggiare .
La perdita di habitat dovuta allo sviluppo delle infrastrutture, al disboscamento illegale e alla espansione dell’agricoltura e il commercio illegale di tigri e parti di tigri sono le altre minacce. Per quanto concerne il mercato illegale, nel sud-est asiatico tra il 2000 e il 2018 è stato sequestrato un quantitativo di parti di tigre equivalente a 1004 tigri , mentre si stima che 8.000 tigri vivano in cattività in Cina, Laos, Thailandia e Vietnam. Questa grave situazione compromette la possibilità per le forze di polizia di adottare efficaci azioni di controllo e stimola ulteriormente la domanda di prodotti derivati dalla tigre.
STORIE DI SUCCESSO
Nonostante il calo generale del numero di tigri nella regione, alcuni esempi di successo nelle azioni di conservazione indicano il percorso da seguire.Le pattuglie anti-bracconaggio guidate da membri della comunità indigena nel complesso forestale di Belum Temengor in Malesia hanno ad esempio contribuito a una riduzione del 94% delle trappole attive dal 2017. In Thailandia, poi, le tigri stanno diffondendosi dal Santuario della fauna selvatica di Huai Kha Khaeng verso altre aree protette grazie ad una robusta gestione e alla ‘rete ecologica’ creata tra le aree protette.
“La collaborazione tra Governo, organizzazioni non governative, partner aziendali e comunità locali ha già ridotto il bracconaggio nel complesso forestale di Belum Temengor in Malesia. Ora dobbiamo ampliarlo in tutto il paese e abbinarlo a una forte volontà politica e investimenti- ha affermato Sophia Lim. Direttore Esecutivo e CEO del WWF Malesia-. Il recupero delle tigri del sud-est asiatico aiuterà anche a mitigare i cambiamenti climatici, proteggere i bacini idrografici, ridurre l’impatto dei disastri naturali e fornire mezzi di sussistenza alle comunità locali”.
ANCHE IN EUROPA È NECESSARIO CONTRASTARE IL COMMERCIO ILLEGALE. IL WWF IN PRIMA LINEA CON IL PROGETTO LIFE SWiPE
Nonostante la tigre non sia naturalmente presente in Europa, anche qui il traffico illegale di questa specie rappresenta un problema serio che richiede continue attività di monitoraggio e contrasto da parte delle varie Autorità nazionali.
Un esempio è la vicenda delle 10 tigri che nel 2019 subirono una vera e propria odissea durante il viaggio che doveva condurle da Latina fino in Russia o forse addirittura in Cina dove, per quanto emerso da alcune fonti giornalistiche, pare fossero destinate ad essere uccise e utilizzate per alimentare mercati come quello della medicina tradizionale o delle pellicce.
Il WWF Italia è in prima linea per fornire alle Autorità strumenti sempre più efficaci per contrastare questi traffici ed è partner del progetto Life SWiPE.
Il Progetto punta ad accrescere la consapevolezza, la conoscenza e la sensibilità delle Autorità pubbliche di 12 Paesi, in primis della Magistratura e delle Forze di Polizia, sui reati perpetrati contro la fauna e la flora selvatica (come le uccisioni, i maltrattamenti e i traffici illegali).
Lo scopo è pervenire ad un aumento degli illeciti individuati e puniti con sentenza di condanna. Questo obiettivo non potrà però essere conseguito senza una modifica delle norme in vigore in Paesi come l’Italia, che prevedono sanzioni troppo deboli rispetto alla portata dei ricavi illeciti che producono questi traffici.
UN PIANO D’AZIONE PER LA TIGRE
I governi del sud-est asiatico hanno la possibilità di invertire il calo del numero di tigri approvando un piano d’azione per il recupero della tigre che verrà presentato alla quarta conferenza ministeriale asiatica sulla conservazione delle tigri, ospitato a novembre dal governo malese. I possibili elementi del piano includono un incremento delle risorse destinate alle aree protette, comprese quelli che sostengono le attività di controllo sul campo dei ranger, e una supervisione politica di alto livello per la conservazione della tigre attraverso l’istituzione di Comitati Nazionali per la Tigre presieduti dal capo del governo.
Il piano dovrebbe includere misure per la reintroduzione e la lotta al commercio illegale di tigri e parti di esse.
Alcune di queste misure sono state adottate con successo in altri paesi.
L’India, ad esempio, sta applicando le migliori pratiche nella gestione delle aree di conservazione della tigre. Proprio oggi è stato annunciato che 14 siti verranno gestiti applicando ii cosiddetti Conservation Assured Tiger Standards (CATS) – che stabilisono gli standard per la gestione e il monitoraggio dell’efficacia degli interventi verso le specie ‘target’. Attualmente ci sono oltre 100 siti CATS in Bangladesh, Bhutan, Cina, India, Malesia, Nepal e Russia, che coprono oltre il 70% della popolazione mondiale di tigre.