The French Dispatch of The Liberty, Kansas Evening Sun, questo è il titolo completo dell’ultima opera di Wes Anderson che sarebbe dovuta uscire nel 2020, ma che ha subito più di un rinvio a causa della pandemia. La scorsa settimana è arrivato nelle sale italiane.
Muore il direttore e fondatore della rivista/inserto The French Dispatch, per sua volontà la pubblicazione viene sospesa, fatta eccezione per l’ultimo numero in cui vengono riproposti tre pezzi d’autore storici insieme a un necrologio. Si tratta di articoli di cronaca che parlano dell’ascesa di un artista mentalmente disturbato, di una protesta studentesca che scoppia nella cittadina in cui ha sede il giornale e della storia del rapimento del figlio di un commissario di polizia.
Il film non è tanto una dichiarazione d’amore al giornalismo, come dalle prime dichiarazioni del regista era stato riportato, quanto un omaggio a uno stile editoriale come quello del New Yorker, rivista che ha influenzato e ispirato Wes Anderson quando era più giovane. The French Dispatch, oltre a questo, rappresenta una trasposizione all’ennesima potenza della grammatica cinematografica di Anderson, della sua capacità di creare microcosmi perfetti che nascono e si esauriscono in un paio d’ore scarse. In questo senso la pellicola ambientata nella cittadina francese immaginaria di Ennui-sur-Blasé, ha molto in comune con Le avventure acquatiche di Steve Zissou, opera in cui il regista texano omaggiava il documentarista e oceanografo Jacques Cousteau. La linea che separa la cifra stilistica di Anderson dalla semplice parodia è molto sottile: anche in questo caso il cineasta riesce perfettamente a camminare su questo filo senza cadere mai.
The French Dispatch probabilmente non è il film in cui Anderson ha dato il meglio di sé, risultando a tratti anche autoreferenziale. Tuttavia, per gli operatori del settore e gli appassionati di un certo tipo di editoria cartacea in via di estinzione, il film rappresenta un vero tuffo nel recente passato che si sta dissolvendo a poco a poco.