Dodici mesi di applicazione della legge sul Codice Rosso tra obiettivi e criticità visti dalla procura “modello” in tema di contrasto alla violenza di genere. La lente su un intervento normativo mirato ad incidere più efficacemente su un fenomeno ancora sottovalutato l’ha puntata la procura di Tivoli, competente su 75 comuni alle porte della Capitale per 520mila abitanti. E’ un punto di vista autorevolissimo perché arriva da un palazzo di giustizia citato più volte come esempio di eccellenza nel settore dall’ultimo rapporto delle esperte del Grevio, l’organismo indipendente del Consiglio d’Europa che monitora l’applicazione della Convenzione di Istanbul in tutti i paesi che l’hanno ratificata. Buone pratiche che hanno consentito all’Ufficio diretto da Francesco Menditto di vedere raddoppiate negli ultimi quattro anni le denunce: da 502 a 972. Quasi mille vittime che hanno avuto la forza di chiedere aiuto, mille casi di violenza emersi. Mille storie riassunte in numeri, nella loro drammaticità, da uno studio che la procura tiburtina ha svolto in collaborazione con il dipartimento di psicologia dell’Università di Torino su un campione significativo di notizie di reato del biennio 2017-2018.
Assodato che le vittime sono in gran parte donne (80%) si osserva che nel 90% dei casi con l’aguzzino c’è una relazione intima. Al primo posto (45% pari a 260) i partner, poi i familiari (15% pari a 110). Seguono ex partner (86), sconosciuti (62), conoscenti (56). In coda i vicini di casa (21), lavoro (14), servizi assistenziali (2), scuola (1), forze dell’ordine (1). Il 72% dei reati è commesso in casa, nel 25 per cento dei reti è coinvolto un minorenne. Quando autori del reato sono donne (22%), le parti offese sono metà donne e metà uomini; che la violenza sessuale è commessa per la quasi totalità da uomini (96%) ai danni principalmente di donne (80%), ma anche di uomini (20%); che gli stalker sono al 74% uomini ai danni di donne (67%), ma pure di uomini (33%); che la diffusione illecita di immagini con contenuto sessualmente esplicito riguarda nella totalità di casi autori del reato uomini e donne vittime.
Il punto: denunce aumentate del 9% in un anno ma nell’ambito di un trend già consolidato
“Pur se la legge sul Codice Rosso non affronta direttamente il tema delle risorse necessarie e adotta meccanismi troppo rigidi – si spiega nella relazione firmata dal procuratore capo Francesco Menditto -, va condivisala scelta legislativa di assicurare priorità alla trattazione di questi reati. In sostanza, lì dove non si era adeguatamente operato a tutela delle vittime di violenza di genere e nel contrasto a questo tipo di reati l’entrata in vigore della legge 69/2019 ha avuto il merito di richiamare l’attenzione delle istituzioni sul tema. In estrema sintesi le azioni positive in atto da quattro anni nel contrasto ai reati di violenza di genere (a partire dall’impegno di quattro magistrati su otto e dalla sensibilizzazione della polizia giudiziaria, oltre che da un lavoro di “rete”) hanno consentito di ridurre al minimo le criticità della nuova legge. Il principale obiettivo della procura di Tivoli è stato ed è quello di applicarla in modo non formale né burocratico ma rispettandone la sua ratio in attuazione di principi costituzionali e convenzionali. In ogni caso, la tutela della vittima dei reati di violenza di genere non può essere delegata solo alla magistratura, alle forze dell’ordine e alla polizia giudiziaria”.
I limiti della legge
Ed ecco cosa manca: “Interventi sulle fasi successive alle indagini in cui i tempi sono rimasti immutati e tanto lunghi da condurre ad assoluzioni derivanti dal fattore tempo; sguardo sul settore civile e del Tribunale per i minorenni dove non sempre si valuta la violenza patita dalle donne”, ma anche “una specifica formazione di tutti i diversi soggetti che si occupano del fenomeno”. Senza contare la parte strutturale: “Pur se negli ultimi due anni sono stati attivati tre centri antiviolenza, non bastano per un territorio di 600.000 abitanti. Manca una casa rifugio per l’accoglienza immediata; così come è inadeguata la dotazione di personale di polizia giudiziaria, oltre che della Procura”.
Avere la forza di tenere le vittime al riparo dai condizionamenti
“Va sottolineato, infine, che la tutela della vittima dei reati di violenza di genere – spiega la relazione – non può essere delegata solo alla magistratura, alle forze dell’ordine e alla polizia giudiziaria. In estrema sintesi, occorre, in primo luogo, una rete che percepisca la gravità di questi reati e ne faccia venire meno le ragioni profonde (denunce dei vicini, contesto familiare che non tenda a coprire i fatti, un uso adeguato del linguaggio da parte dei mezzi di informazione). Sono, poi, assolutamente insufficienti centri antiviolenza e servizi delle pubbliche istituzioni che accolgano le donne vittime di reato, le tutelino e le accompagnino, anche economicamente, verso una determinazione e consapevolezza che consenta loro di allontanarsi dal clima di violenza e dai condizionamenti che subiscono e siano, così, in grado di affrontare un processo penale che, altrimenti, rischia di concludersi con assoluzioni derivanti da ridimensionamenti dei racconti delle vittime e ritrattazioni”.
I numeri
“I procedimenti per reati di violenza di genere e domestica sono aumentati del 100% negli ultimi 4 anni, il 9% nell’ultimo anno di applicazione della legge Codice rosso. Nel territorio di competenza della procura e del tribunale di Tivoli (come in tutta Italia) l’incidenza di questi delitti è estremamente elevata. Dal giugno 2016, data in cui sono state avviate a Tivoli da numerose iniziative per fare emergere il fenomeno, sono esponenzialmente aumentati i procedimenti per reati di violenza di genere, con un aumento progressivo anche nell’anno di applicazione della legge sul Codice Rosso. Si rilevano i seguenti incrementi per il periodo dal primo luglio 2016 al 30 giugno 2020: + 94% (da 502 a 972) per i principali reati di violenza di genere indicati (572, 609-bis ss., 612-bis c.p.), + 70% (da 206 a 350) per atti persecutori, + 76% (da 247 a 531) per maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), + 115% (da 49 a 72) per violenza sessuale”.
E ancora numeri
Si è proceduto a un confronto tra l’anno di applicazione del Codice rosso e l’anno precedente, individuando il sesso dell’autore del reato e della parte offesa, selezionando ulteriormente tra sesso autore uomo e sesso parte offesa e sesso autore donna e sesso parte offesa.
Questi in sintesi (media tra i due anni):
maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.):
autori del reato: uomini 78%, donne 22%;
parti offese: uomini 26%, donne 74%;
autori del reato uomini:
a) con parti offese uomini 21%,
b) con parti offese donne 79%;
autori del reato donne:
con parti offese uomini 46%,
con parti offese donne 54%.
Dunque, i maltrattamenti sono commessi per la gran parte da uomini (78 %) ai danni delle donne. Quando autori del reato sono donne, le parti offese sono per la metà donne e per la metà uomini.
Disaggregando i dati emerge che la gran parte dei maltrattamenti di donne ai danni di uomini derivano da situazioni di disagio della donna (tossicodipendenza o alcoldipendenza).
violenza sessuale (art. 609-bis ss. c.p.):
autori del reato: uomini 96%, donne 4%;
parti offese: uomini 20%, donne 80%;
autori del reato uomini:
a) con parti offese uomini 17%;
b) con parti offese donne 83%;
autori del reato donne, con parti offese uomini 15%, donne 85%;
Dunque, la violenza sessuale è commessa per la quasi totalità da uomini (96%) ai danni principalmente di donne (80%), ma anche di uomini (20%);
Nei rarissimi casi in cui autori del reato sono donne (4%), le parti offese sono per la quasi totalità donne.
atti persecutori (art. 612-bis c.p.):
autori del reato: uomini 74%, donne 26%;
parti offese: uomini 33%, donne 67%;
autori del reato uomini:
a) con parti offese uomini 27%,
b) con parti offese donne 73%;
autori del reato donne:
a) con parti offese uomini 45%,
b) con parti offese donne 55%.
Dunque, gli atti persecutori sono commessi in gran parte da uomini (74%) ai danni principalmente di donne (67%), ma anche di uomini (33%)
Nei limitati casi in cui autori del reato sono donne (26%), le parti offese sono per la metà uomini per l’altra metà donne.
lesioni codice rosso (art. 582 c.p. aggravato dalla relazione);
autori del reato: uomini 77%, donne 23%;
parti offese: uomini 27% donne 73%;
autori del reato uomini:
a) con parti offese uomini 30%,
b) con parti offese donne 70%;
autori del reato donne:
a) con parti offese uomini 46%,
b) con parti offese donne 54%.
Dunque, le lesioni aggravate dalla relazione sono commesse in gran parte da uomini (77%) ai danni principalmente di donne (73%), ma anche di uomini (27%). Nei limitati casi in cui autori del reato sono donne (23%), le parti offese sono per la metà uomini per l’altra metà donne.
Diffusione illecita di immagini con contenuto sessualmente esplicito (art. 612-ter c.p): la totalità dei casi riguarda autori del reato uomini e persone offese donne.
In conclusione la violenza di genere è per la grandissima parte maschile ai danni di donne (in media 78% maltrattamenti, atti persecutori, lesioni). La violenza sessuale è per la quasi totalità maschile (96%) principalmente ai danni delle donne (80%), ma anche ai danni degli uomini (20%).