Intervista a Filippo Laganà, figlio dell’attore Rodolfo Laganà – che fu illustre allievo del grande Gigi Proiettie attore della grande tradizione romana tra teatro, cinema e tv – e giovane attore a sua volta di grande successo. Filippo ha vissuto momenti difficili a causa di una brutta malattia, poi superata, in cui si è reso necessario un trapianto di fegato con successivamente una delicatissima convalescenza a cui si è aggiunto in questo anno l’essere un soggetto a rischio sotto l’emergenza Covid.
Filippo Laganà è anche testimonial AIDO – Associazione Italiana per la Donazione Organi – rappresenta la campagna “la cultura del dono” per la donazione degli organi essendo testimone diretto, come ci ha raccontato. E’ proprio grazie alla donazione che lui ha potuto avere il trapianto del fegato da un donatore.
Padre e figlio legati entrambi dalla malattia, portatori di un messaggio positivo, importante, pieno di speranza e di grande attenzione verso le normative anti-Covid. Tutto questo senza mai perdere il sorriso.
A seguito di quell’importante intervento, Filippo è stato per lungo tempo immunodepresso e durante l’epidemia di Covid, in tutti questi 11 mesi, ha lanciato un messaggio importantissimo, sia in tv che sui giornali, proprio per far sì che tutte le persone con difese immunitarie basse potessero e possano sentirsi più al sicuro grazie proprio agli accorgimenti delle altre persone.
L’arte di per sé è respiro e Filippo ne ha respirata moltissima in famiglia, fin da bambino
Filippo, come ci racconta nell’intervista, ha da sempre respirato arte in casa: suo padre, grande e talentuoso attore della tradizione romana è stato allievo di Gigi Proietti, proseguendo la sua lunga carriera tra teatro, cinema e televisione; una grandissima amicizia ha sempre e da sempre unito la famiglia Laganà con quella di Proietti, tanto che se per Rodolfo, Proietti stesso è stato “un padre”, per Filippo è stato “un altro nonno”, come lui stesso ci ha riferito. Le condoglianze per la scomparsa del grande attore romano sono arrivate anche in casa Laganà, tanto era lunga e forte l’amicizia, una bellissima consuetudine praticamente familiare. Rodolfo Laganà stesso, l’attore di tante commedie brillanti e bellissime, pur seriamente malato di sclerosi multipla e sulla sedia a rotelle non ha rinunciato a salutare per l’ultima volta il SUO Maestro ed è andato ai funerali in Piazza del Popolo e all’omaggio al Globe Theatre accompagnato da suo figlio Filippo.
Filippo, tu e tuo padre siete uniti dalla malattia, insieme state portando avanti un messaggio molto importante, di forza, speranza ma anche di attenzione in questa emergenza Covid, siete due soggetti delicatissimi.
Mi sembra il minimo da fare in un momento del genere, invitare al rispetto delle normative e del prossimo, aiutare le persone e aiutare i medici che aiutano noi nel momento del bisogno. La prima cosa da fare senza alcun dubbio.
Un anno a casa, convivi da tanto tempo con la malattia e da immunodepresso, quindi con una situazione molto delicata perché sei un soggetto a rischio: che anno è stato il 2020?
Ho fatto un trapianto quasi due anni fa e quando io ho chiesto aiuto ai medici, nel momento in cui c’era bisogno, ora sono loro a chiedere aiuto a me; sono in casa, rispetto tutte le normative sanitarie e di sicurezza, è il minimo che si possa fare quello di dare messaggi positivi. E’ stato un anno molto difficile che abbiamo vinto soprattutto grazie al sorriso e alla forza di chi ci è stato accanto e ci ha aiutato. La testa e il sorriso, sempre, aiutano tanto.
Entrambi, tu e tuo padre Rodolfo, guardate in faccia la malattia e ci convivete. Vi chiamano in televisione, vi intervistano sui giornali perché il messaggio che portate avanti è di grande speranza e supporto a tutte le persone che vivono fragilità e malattia. Trasmettete sorriso e profonda umanità. Come vi fate forza, come vi sostenete in casa?
Sono stato abituato a vedere il mondo dello spettacolo, crescendo all’interno di esso e vivendo l’arte in casa, come una cosa normale. Per me stare a contatto con personaggi famosi è normale, l’ho sempre fatto. Ho vissuto tutto questo, fin da piccolo, sempre in maniera normale, semplice. Non sono personaggi quelli che vivo e ho vissuto ma sono amici. Per fortuna – lo dico spesso – ho avuto io stesso la fortuna di avere intorno grandissimi personaggi, come per esempio Gigi Proietti, prima di tutto “persone” e poi “personaggi”. L’essere loro stessi sia davanti al pubblico che in privato ed io ho appreso i loro insegnamenti.
Tuo padre nasce artisticamente con Gigi Proietti, vi abbiamo visto insieme nel giorno del funerale in una Capitale che gli ha regalato un grande doveroso tributo, nonostante le restrizioni e il distanziamento sociale. Ti chiedo un ricordo del grande attore romano:
Gigi è stato per papà un padre e per me un nonno. Penso sia stata la persona più importante della nostra vita; ha dato un mestiere a mio padre e a sua volta mio padre lo ha passato a me. Se mio papà, tanti anni fa, non avesse preso parte alla scuola di Gigi, io non avrei fatto a mia volta l’attore e non avrei conosciuto questo mondo. Ho avuto la grande fortuna di poter stare tanto insieme a Proietti perché faceva parte della nostra vita giornalmente, quotidianamente, eravamo e siamo tutt’ora una famiglia unica perché per noi Gigi non se n’è mai andato. Sagitta sua moglie, Carlotta e Susanna le sue figlie sono come mie sorelle. Noi siamo proprio “la famiglia”. La cosa che mi dispiace molto è che Gigi non meritava di essere considerato “solo” in questo determinato momento, ossia per la scomparsa. Lui aveva molto a cuore il futuro dei giovani ed aveva realizzato moltissime iniziative in tal senso. E’ un male tutto italiano, questo, devo dirlo: non considerare abbastanza le persone di valore e rendergli omaggi postumi, soltanto quando vanno via, solo in quelle occasioni ricordare quanto fossero state “grandi”. Gigi era grande prima e continuerà ad essere grande sempre, questo è un messaggio che deve essere ben chiaro a chiunque voglia intraprendere il mestiere di attore.
Ricorre spessissimo, pensando al Maestro Proietti, il fatto che abbia aiutato molti giovani artisti.
Lui credeva nei giovani, è sempre stato un artista generoso e ha dato spazio a tutti. Non è mai stato un “primo attore”; era l’uomo e l’artista che mangiava con le maestranze lavorative, un comune mortale, una persona umile che quando saliva sul palcoscenico però “non ce n’era per nessuno!”. Questa è stata la sua grandezza.
In un mondo di superficialità e di sola immagine, ci descrivi la grandezza dell’umiltà:
Era un uomo umilissimo, ancora prima di essere un grande artista. Quello che mi fa davvero arrabbiare oggi è l’inserire nei cast personaggi provenienti dai social, con centinaia di migliaia di followers e chiamarli “attori”. Per intraprendere il mestiere dell’attore – fare l’attore è una nobile arte, è impegnativo e molto difficile – si deve intraprendere una scuola che non è soltanto la scuola con tanto di iscrizione e lezioni, è una scuola di vita e un percorso artistico che non finisce mai, tant’è che Gigi non voleva essere chiamato “maestro”, non si definiva tale. La sua grande umiltà era proprio questa. Se un grandissimo artista come lui ancora studiava e approfondiva, come può una persona uscire da Instagram e fare l’attore? E’ un mestiere stupendo che porta a contatto con tantissime persone e luoghi diversi, occorrono preparazione e rispetto del pubblico.
Come avete vissuto e vivete, tu e tuo padre, la prima quarantena e poi questi mini-lockdown? Le sensazioni, i dubbi, le emozioni.
Con un grande senso di tristezza e preoccupazione. Passata la prima parte, la più dura che mi è servita – personalmente – per rimettermi in piedi perché non stavo ancora benissimo ed ero ovviamente obbligato a casa, ora viviamo questa seconda parte di emergenza sanitaria. Abbiamo anche una nostra attività, un ristorante e quindi anche da quel lato non è stato facile. Non abbiamo mai perso il sorriso e l’ironia, con un po’ di leggerezza tutto diventa più semplice. Avendo la fortuna di essere due personaggi pubblici, abbiamo la possibilità di portare messaggi positivi (se non lo facciamo proprio noi, chi lo dovrebbe fare?). Ho tanti amici giovani e bravi che sono in casa, senza lavoro e questa è l’occasione per unirci davvero e farci forza. Ne usciremo soltanto con l’aiuto e la solidarietà e pensiamo che il nostro dovere sia quello di lanciare messaggi positivi.
Un tuo pensiero sui luoghi di cultura chiusi e la crisi della cultura in generale.
Questo ci fa capire che la cultura non sia sufficientemente considerata, nel nostro Paese, ora è emerso maggiormente il problema. Le bellezze italiane, l’arte, la danza, la musica, il teatro, dovrebbero avere maggiore supporto e attenzione. La cultura non si è fermata mai, nemmeno nelle epoche storiche più dure e cupe.