Spunteranno dai cassetti della biancheria i racconti fantastici d’ago e filo di un anno indimenticabile, quello della pandemia 2020 e dell’isolamento sociale. Storie senza parole, trame di vita in un interno. Le ricamine di Montecelio, borgo a 30 chilometri dal centro di Roma, non si sono fermate durante il lockdown anche se la loro scommessa di rilanciare una tradizione fatta di storia, grande manualità e cultura popolare l’avevano appena iniziata con il via a dei corsi speciali, anche perché per la prima volta in questa scuola d’altri tempi (ma sarà davvero così?) si erano affacciate le prime giovanissime decise ad armarsi di telaio e pazienza per riprendere al volo quel filo che rischia di spezzarsi ogni volta che l’indifferenza e l’incuria calano sulle memorie folk.
Ed ecco che i tempi nuovi, quelli dei “social”, hanno offerto la soluzione a chi lavora incessantemente per rimettere insieme trame antiche come scommessa per il futuro. La scuola di ricamo è continuata grazie ad un gruppo Whatsapp.
La “rete” delle ricamine
Ognuno a casa propria ha proseguito lavori ed esercizi e, ad ogni perplessità sul punto, bastava foto e invio per condividere con le altre e consultare “Penelope”. Penelope è l’alias affettuoso di Agnese Bufalieri, presidente dell’associazione “La Vunnella”, nata nel 2013 per promuovere l’antico costume di Montecelio e per recuperare tecniche di ricamo poco conosciute o dimenticate, da quello classico a quello a “maglia fissa” passando per i lavori in oro. Perché Penelope? Perché durante le lezioni in associazione porta un paio di forbicine appese al collo con cui, passando tra le allieve, distrugge in un attimo ogni punto che non va. Via whatspp lo zac è virtuale ma ugualmente inflessibile.
“Sì certo – sorride Agnese Bufalieri per quel nomignolo “goliardico” -, il ricamo è precisione. E’ matematica che allena il cervello, e questi aspetti non vanno mai sottovalutati. Ma soprattutto è tante emozioni messe insieme che vengono fuori e si fissano sulla tela. C’è tanto cuore, c’è spensieratezza, c’è quel momento di isolamento che ti permette di ritrovarti, e la condivisione di tutto quando si fa insieme”.
L’orgoglio per le tradizioni
Poi c’è l’orgoglio per le tradizioni e la consapevolezza che c’è tanto da costruire: “La nostra arte non ha nulla di meno di quella di molti altri borghi che hanno saputo valorizzarla creando quasi un marchio. Penso a Panicale, dove siamo stati qualche anno fa per un concorso internazionale. Lì del ricamo c’è anche un museo. E’ stato bello il confronto. Si sono molto interessati alle nostre tecniche di lavoro in oro: loro lo fanno su carta, noi su telaio. Ecco, noi vorremmo che quest’arte tornasse al centro della nostra comunità e che diventasse una delle leve per il rilancio del nostro borgo, occasione di scambi culturali nazionali e internazionali”.
Intanto Agnese Bufalieri non ha mai interrotto, ormai da anni, una indagine speciale. È ancora a caccia del mitico “punto Montecelio”. Un punto inventato dalle antichissime ricamine di cui però si è persa traccia. “Raccolgo testimonianze da anni ma non sono ancora riuscita a trovarlo davvero, a volte viene il dubbio che sia mai davvero esistito. Ma io continuo ad indagare”. Con la stessa tenacia con cui aiuta chiunque lo voglia a restaurare punto per punto, merletto per merletto, le Vunnelle antiche. Due anni fa è stato ricostruito un abito del 1700.
Il “rammendo” delle storie perdute
La documentazione, anche quella fotografica, è un’altra attività centrale dell’associazione. Chi può dà il suo contributo e gli album custoditi nella sede di via Servio Tullio rammendano la storia perduta. La scuola di ricamo delle suore, la Vunnella in miniatura portata in omaggio a Re Umberto II in Portogallo, le maestre di taglio e cucito.
Ci tengono alla loro identità nel borgo di Montecelio, anche se dal 1937 il borgo che vanta origini precedenti a quelle di Roma è diventato parte della più grande città di Guidonia Montecelio, alle porte della Capitale. L’anima antica convive con la new town costruita durante il Ventennio, una delle sette fondate da Mussolini in Lazio. Oggi con il suo territorio di 80 chilometri quadrati e 91mila residenti è la terza città più grande della regione, dopo Roma e Latina.
Il lato “creativo” del lockdowm nei dati Istat: più del 17% della popolazione si è dedicata a ricamo e cucito
Si chiama “Indagine-diario della giornata e attività ai tempi del coronavirus” uno dei report in numeri elaborati dall’Istat nell’ambito del “Rapporto annuale 2020” che fotografa la situazione del Paese. Emerge che durante il lockdown quasi un terzo della popolazione si è dedicato al giardinaggio o alla cura dell’orto. Il 17,3 per cento ha cucito, ricamato o lavorato a maglia e il 12,8 per cento si è concentrato sul restauro di mobili o oggetti per la casa.