Chi conosce i meccanismi degli uomini maltrattanti sa che le offese sono tutte fotocopia. Dal medico allo spazzino. ”Tu non sei nessuno”. ”Zoccola”. ”Fallita”. E’ raro nell’ampia galassia degli odiatori, uno sprazzo di originalità. Eppure qualcuno riesce ad andare fuori schema pur rimanendo ferrato nell’obiettivo di offendere, sminuire. Rosa, nome di fantasia, ha pagato la colpa di avere sei sette chili in più. Scaglino una pietra i pochi che non ne hanno. Rosa, post gravidanza con quei chili aveva imparato a convivere. Ma non il marito. L’uomo, evidentemente cresciuto nel mito della Barbie, alle offese di routine, così ha aggiunto la parola ”cicciona”. Non per vezzo, però, per cattiveria. E neanche fine a se stessa. A Rosa il marito imponeva piatti light. Niente grassi, pochi zuccheri e carboidrati ridotti. Talvolta, però, inviperito per i mancati riscontri le toglieva proprio il piatto dal posto a tavola. ”Meglio il digiuno, cicciona”. Dai consigli alle imposizioni, fino alle offese continue. Rosa, quarantenne romana, ha deciso di liberarsi da quel supplizio querelando il marito. E ora il consorte, su decisione del pm Maria Gabriella Fazi, rischia di finire a processo per maltrattamenti psicologici. Perché sentirsi sminuite, derise, offese fa male, a volte più degli schiaffi. Non a caso la legge inquadra certe attenzioni come reati. L’imputato, difeso dall’avvocato Giuseppe Falvo, si è sempre difeso sostenendo che fossero consigli. Evidentemente, quando alla moglie disubbidiente (in tema dieta) dava dell’ ”indemoniata”, lo faceva per sollecitarla. E allora brava Rosa. Siamo tutte ciccione e fiere. Saresti il mito di Vanessa Incontrada.
Siamo tutte ciccione
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Giornalista giudiziarista. Racconta da anni fatti per i maggiori quotidiani nazionali. Storie di nera e inchieste. Esperta di criminalità e violenza di genere
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