“Stocaxxo!”. Odio la volgarità, davvero. Odio la volgarità nella vita e nel graphic design. Però – mi perdonerete – quando ce vo’ ce vo’. Parliamo di spazio bianco, “… elemento estremamente importante della composizione. È il bianco che fa cantare il nero”. Trovo affascinante il parallelo tra grafica e musica proposto dal maestro Massimo Vignelli. Perché poi è proprio così. Il bianco è silenzio, il nero il suono. Ed è il silenzio che valorizza il suono. Anche lo spartito: cinque linee separate da quattro spazi vuoti. E se quel bianco non ci fosse? Beh, il fa, il la, il do e il mi sprofonderebbero fino a rimbalzare su righe già occupate da altre note. A pensarci è lo schema di Edward Tufte, il Leonardo Da Vinci dell’infografica. Eddy sostiene che 1+1 sia uguale a 3 e dall’illustrazione non faticherete a capirne la ragione. È l’applicazione di uno dei principi della Gestalt (tanta roba, ne parleremo). È il senso stesso del bianco in tipografia.
Musica e design. Se vi chiedessi qual è lo strumento più elegante? Bravi, il pianoforte, sono d’accordo. Ma non solo per la melodia. E neanche perché “La leggenda del pianista sull’Oceano” è uno dei miei film preferiti. Ma perché quei 36 tasti neri che galleggiano adorabilmente asimmetrici sullo specchio dei 52 bianchi sono sintesi di equilibrio e di contrasto. Piano et forte, appunto. Come si dice, anche l’orecchio vuole la sua parte.
Ma torniamo al nostro spazio bianco, che nella grafica – e tanto più nell’impaginazione – si traduce in eleganza ed armonia. Il problema è che per arrivare a coglierne l’essenza si rende necessario un percorso articolato, anni di palestra e centinaia di layout. Se tra chi legge c’è qualcuno del mestiere, ricorderà bene come le prime composizioni somigliassero drammaticamente a un tetris. Li avevamo in testa i consigli dei maestri: “Lascia bianco, lascia bianco…”. Invece ogni spazio vuoto tendeva ad essere riempito da un’oscura forza del male. Però se insisti, studi (e non sei tra quelli a cui madre natura ha negato del tutto il senso estetico) succede che un giorno, e chissà perché proprio quel giorno, ti accorgi che basta aumentare i margini e una pagina già respira meglio. Hai fatto il primo passo, tutto il resto poi verrà da sé…
Pensa in piccolo. Negli anni ’60 Volkswagen lanciò una campagna pubblicitaria considerata rivoluzionaria. Per promuovere le vendite del nuovo Maggiolino la casa automobilistica tedesca si affidò a una delle agenzie pubblicitarie più importanti, la DDB Group del maestro William Bernbach. La campagna puntava sullo scontro tra la tendenza a stelle e strisce dei veicoli giganti e la proposta di un’auto razionale ed accessibile. Osservate la genialità di questa locandina: grafica super minimal in scala di grigi; regola del contrasto esasperata (l’occhio è costretto a cadere sul testo “Think small.”); ma soprattutto un foglio completamente bianco che esplode il piccolo Maggiolino, tra l’altro posizionato secondo la regola dei terzi (non ne parleremo, la conoscete già). Semplice. Eppure geniale.
Ora notate la differenza con la stessa creatività che abbiamo indegnamente devastato solo per una dimostrazione: il Maggiolino adesso “annega” nelle sabbie mobili del testo fino quasi a scomparire. Non era l’auto ad attirare l’attenzione, ma il bianco tutto intorno.
A questo punto il concetto sembra chiaro: hai studiato anni, affinato l’occhio fino a farlo lacrimare e applicato al meglio le regole della composizione. Eppure sullo spazio bianco è una guerra quotidiana. Se tra chi legge c’è qualcuno del mestiere, ha già capito dove andrò a parare. Perché non importa quanto ben fatto possa essere il lavoro; né quante ore gli abbiate dedicato. Tanto lo incontrerete. Ineluttabilmente. Lui, il santone della grafica e dell’impaginazione. Che butterà perplesso un occhio al vostro iMac e…: “Sì, bello. Però in questo spazio bianco cosa ci mettiamo?”. A questo punto conoscete la risposta. Odio la volgarità, davvero. Ma quando ce vo’, ce vo’…
Lascio la chiosa al maestro Vignelli: “In un mondo dove tutti gridano, il silenzio si nota. Lo spazio bianco offre il silenzio”.
Il silenzio della musica.