Intervista a Stefania Camilleri, scrittrice, autrice del libro “La Strega e L’Architetto”, scritto insieme a Dante Frontero, scrittore e autore.
Un libro originale e scritto in maniera originalissima. La chiave di lettura di questo romanzo è il dualismo, sia per la sua forma di libro bifronte, sia per i pregiati contenuti delle vicende narrate, sospese tra “la coesistenza e l’alternanza di bene e male” – come ci racconta la stessa scrittrice – “tra vita e morte, amore e odio, reale e irreale”.
“La strega e l’architetto”, Emia Edizioni, racchiude due trame solo apparentemente molto distanti e diverse; in realtà trame in un certo senso di comune epilogo, il tutto scritto a quattro mani. Stefania Camilleri lavora di fantasia e ci narra un mondo fantastico e ci porta in atmosfere magiche. Dante Frontero parte e prende spunto da un drammatico fatto di cronaca recente per poi raccontare un intreccio di vicende di ambientazione “thriller”. Due storie, due trame che convergono, due narrazioni ciascuna con la propria struttura, magistralmente ideate perché la lettura possa iniziare da una parte o dall’altra del libro, indifferentemente. La lettura vi immergerà in un vortice in cui non vorrete arrivare alla fine e risalire.
Come nasce l’idea di un libro così originale sia nella sua forma di libro bifronte, che nei contenuti delle vicende narrate?
Un fatto inusuale.
Di solito i libri penano parecchio prima di trovare un editore.
“La strega e l’architetto” ha trovato da solo il suo editore dopo 12 anni che dormiva in un cassetto. È anche inusuale che sia venuto alla luce da sé, senza che nessuno volesse veramente scrivere un libro.
Ed è altrettanto insolito che possa leggersi indifferentemente nei due versi e che i due autori dicano entrambi che si debba iniziare a leggerlo dalla propria parte.
La genesi: una sperimentazione
Inizialmente non si trattava di scrivere un libro ma di tentare di superare la regola ormai millenaria legata alla sequenzialità delle informazioni: papiri, libri, cassette audio.
La sfida partì dai corsi sulla multimedialità che a quei tempi tenevo nelle scuole. Con l’introduzione del disco rigido fu possibile una grande rivoluzione paragonabile a quella della scrittura e della stampa nell’organizzazione delle informazioni.
Si potevano così raggiungere le informazioni (nodi) con collegamenti diretti (links) oltre che sequenzialmente o con un’organizzazione ad albero come era sempre successo.
La domanda e la sfida
Da questa considerazione scaturì una domanda: si può scrivere un libro con tanti capitoli indipendenti che possano essere collegati a posteriori in modi diversi?
La sfida era fin troppo grande per me. Iniziai a buttare giù dei capitoli ognuno dei quali era una piccola storia a sé stessa, autonoma, con una sua dignità ed una sua logica, ma che rispettasse la presenza di personaggi comuni.
A posteriori cercai quindi di collegare i capitoli non necessariamente in modo sequenziale.
Da dove è partita?
Sono partita da una emozione provata assistendo alla rievocazione storica del processo alle streghe rappresentata nel bosco di Cavalese, sotto una memorabile nevicata. I roghi, le urla delle streghe che bruciavano, l’odore delle fascine in fiamme mi evocarono mondi oscuri. Iniziai ad approfondire il Medioevo, l’Inquisizione ed un mondo governato da paure, intrighi e delazioni.
Qual è la trama e come si incrociano le due vicende? Raccontiamolo ai nostri lettori e lettrici. Come e perché si aggiunge un architetto nella tessitura della trama?
Quando quell’anno al termine dell’estate tornai a scuola e a dipingere nello studio di architettura del mio amico Dante Frontero, gli parlai un po’ del mio progetto. Niente da fare. Non voleva proprio aiutarmi a creare altri capitoli perché, a suo dire, un architetto serio non scrive di streghe.
Lasciai perdere, gli chiesi solo di dare un’occhiata alla mappa concettuale e di leggere il manoscritto per capire se poteva funzionare.
Come si creano le due storie e i due temi, apparentemente distanti?
La sorpresa:
A distanza di qualche mese, Dante mi fece una sorpresa e tornò con un bel po’ di capitoli belli e pronti. Disse che si era appassionato alla parte che avevo scritto e che i nuovi capitoli erano venuti alla luce quasi da soli.
Li lessi incuriosita: che cosa mai poteva avere inventato?
Erano davvero intriganti.
Aveva costruito una storia thriller a partire dalla scomparsa di uno sciatore che ben si congegnava con l’impianto già esistente del romanzo.
Così anch’io andai un po’ avanti e giocammo a creare collegamenti nascosti.
La lotta tra i due personaggi principali, che rappresentano il bene e il male, si trasferì quindi in altri tempi, in altri mondi e generò altri episodi.
Credo che la fantasia e la creatività siano emerse dall’inconscio in modo autonomo e la nostra parte razionale le abbia un po’ guidate.
Non per nulla siamo una matematica e un architetto!
C’è un comune epilogo, scritto a 4 mani. Indubbiamente una stesura e un concepimento molto originale.
L’ultimo capitolo:
Aggiustammo la sincronia delle date e cercammo di fare in modo che due storie così diverse potessero avere un finale comune che avremmo dovuto scrivere insieme, almeno secondo i nostri intenti.
Invece un giorno mi arrivò un’e-mail in cui Dante mi comunicava che aveva scritto l’ultimissimo capitolo.
Ci rimasi così male!
Lo lessi.
Era semplicemente perfetto, in grado di spiegare tutti i punti rimasti in sospeso, di giustificare audaci voli nel tempo e nello spazio, di trovare un finale che non lasciasse con l’amaro in bocca il lettore che si era fidato di noi. Ci aggiunsi, tanto per metterci lo zampino, alcune considerazioni sulle ferite inguaribili dell’anima che mi sembravano azzeccate, ma era bellissimo anche senza.
ET VOILÀ…era finito.
Oggi si vive molto di immagini veloci e le persone non leggono più, non sfogliano giornali e non aprono libri. Come avvicinare chi non è appassionato e invece chi legge, cosa troverà in questo libro?
Posso dire solo una cosa. So che potrebbe sembrare di parte…
La mia ex alunna Laura Nardin, ormai grande e mamma, è stata la prima persona che conosco a leggerlo e mi ha scritto:
“...arrivata alla fine del racconto avrei voluto che la storia proseguisse…“
Credo che sia un bellissimo commento. Il più bello.
Credo che possa rappresentare la risposta ad entrambe le sue domande.
Dante Frontero prende spunto da un evento di cronaca recente: lei lavora di fantasia – narra di un mondo esoterico e fantastico – mentre Frontero parte dai fatti del Cermis, il doloroso fatto di cronaca della funivia. Ancora oggi la vicenda del Cermis è associata a uno dei capitoli più neri della storia del nostro Paese.
Entrambe le storie prendono spunto da quei luoghi della val di Fiemme che abbiamo frequentato per anni insieme alle nostre rispettive famiglie.
Luoghi bellissimi e speciali che evocano fatti storici lontani e vicini i quali evidentemente hanno lasciato dei segni emozionali molto forti in tutti e due.
Un suo pensiero, Stefania, sulla crisi della cultura, spettacolo e musica, i luoghi di cultura chiusi (cinema e teatro, in particolare)
Possiamo leggere, pensare, fantasticare, sognare, progettare.
Ogni momento buio, ogni stasi, ogni blocco, ogni fallimento non è immobilità, ma è foriero di mutamenti impensabili. Non riesco a credere che a tanti morti, problemi sociali ed economici non possa contrapporsi un mutamento generazionale che riesca addirittura a portare un nuovo rinascimento nel modo di fare cultura, di fare arte e di sprigionare ed allenare le nostre potenzialità, i nostri talenti e le nostre attitudini.
Credo fermamente che ciò che accade oggi sarà un crogiuolo di iniziative inaspettate, di rinnovato entusiasmo, di sperimentazioni e progetti amplissimi, anche grazie alle nuove tecnologie.
L’animo di ognuno di noi ne ha bisogno e sarà capace di trasformare le crisi in obiettivi e gli ostacoli in processi di cambiamento.
Sarà la creatività a generare cambiamenti concreti. Ce la faremo. È sempre stato così.