Altri tre mesi di stato di emergenza per l’Italia consentiranno al governo di prendere misure straordinarie per affrontare il coronavirus. La scelta mette il paletto quindi al 15 ottobre: il premier Giuseppe Conte ne ha parlato durantela discussione al Senato, a luglio, come di un passo “inevitabile perché il virus circola ancora”. Negli stessi giorni in cui Romania, Bulgaria e Spagna erano alle prese con un importante aumento dei contagi e la nascita di diversi focolai, l’Italia si attrezzava a restare pronta a azioni di contrasto da assumere in tempi super rapidi. A questo serve lo stato di emergenza, al di là delle polemiche politiche girate intorno ai poteri di Conte. I problemi non sono arrivati solo da Salvini. Pd e Italia Viva infatti volevano chiudere prima, al 30 settembre, per dare segnali di ripresa forti, il governo invece intendeva arrivare al 31 ottobre. Alla fine è arrivata la mediazione al 15 ottobre. “La proroga – ha detto Conte – è disposta da ragioni tecniche, ma non volevo precludere una valutazione politica”. Il comitato tecnico scientifico d’altronde era stato chiaro, lo stato di emergenza andava prorogato per contrastare la presenza del coronavirus.
Individuare nuove zone rosse, bloccare eventualmente voli dai Paesi a rischio, prendere decisioni organizzative per le elezioni di settembre. E ancora accelerare le gare, disporre regole anti covid per il ritorno agli stadi e ai concerti, tenere in smart working i dipendenti pubblici e privati almeno fino al 15 ottobre. Sul punto del lavoro da casa, finito lo stato di emergenza, saranno stabiliti nuovi criteri insieme ai sindacati, considerando che nel provato molte aziende hanno comunque già deciso di lasciare i dipendenti in smart working fino a dicembre 2020. Il colosso Google, fino a metà dell’anno prossimo. Tant’è che con la proroga sono diverse le azioni rese possibili in modalità veloce, dall’allestimento e dalla gestione delle strutture temporanee per assistere persone risultate positive e ammalate, al noleggio delle navi per la sorveglianza sanitaria dei migranti, dall’impiego dei volontari della Protezione civile al reclutamento e alla gestione di task force di personale sanitario a supporto delle strutture regionali e degli istituti penitenziari.