Lucio Corsi conquista Roma, la prima data negli ippodromi si trasforma in un trionfo di musica e stile. A Capannelle si è radunata una platea eterogenea: bambini, adolescenti in delirio, millennial e over. Corsi li ha accompagnati in due ore dense di musica e immaginazione, in un’atmosfera sospesa tra glam rock e suggestione poetica.

In un’epoca in cui anche i nomi più altisonanti faticano a riempire gli stadi, Lucio Corsi riesce a catalizzare l’attenzione di un pubblico trasversale, senza scorciatoie né trucchi: niente effetti speciali, solo musica, talento e visione. Una proposta fuori dagli schemi che parla a più generazioni con autenticità e forza narrativa.
Il cantautore toscano ha aperto un varco nel suo mondo incantato, trascinando il pubblico in viaggio tra galassie lisergiche, creature mitologiche e nostalgie anni ’70. Sul palco, insieme a lui, gli amici di sempre: Tommaso Ottomano e Francis Delacroix. Il chitarrista arriva direttamente dal Far West maremmano, la stessa terra di Lucio, mentre il fotografo di Volpiano condivide con lui la costruzione estetica che ha reso questo progetto un piccolo fenomeno culturale negli ultimi quattro mesi. Un immaginario che aveva fatto irruzione a Sanremo e che ora trova piena espressione nel nuovo album pubblicato ad aprile.
Il concerto si apre con Frecciabianca, e da lì è un crescendo inarrestabile. Radio Mayday, Trieste, La lepre, Volevo essere un duro, Tu sei il mattino, Astronave giradisco… Una scaletta che alterna novità e brani più datati che accendono anche i fan della prima ora. Sul finale Delacroix sale sul palco con la chitarra elettrica e balla insieme a Lucio in un bis liberatorio, una jam teatrale che chiude lo show con un sorriso collettivo e una lunga ovazione.

Non è solo un concerto, è una dichiarazione d’identità. Corsi non si limita a suonare, trascina. Lo fa con la naturalezza di chi ha costruito passo dopo passo un mondo riconoscibile, ma anche con la freschezza di chi sa ancora stupire.
La parabola di Lucio Corsi ha qualcosa di sorprendente per intensità e velocità. Dopo anni di gavetta, tre album e una nicchia sempre più affezionata, a spalancargli le porte del grande pubblico è stato Carlo Verdone, che lo ha voluto nella terza stagione di Vita da Carlo. Poi il secondo posto a Sanremo con Volevo essere un duro, e infine la consacrazione internazionale con il quinto posto all’Eurovision di Basilea. Un artista fuori da ogni standard diventato nel giro di pochi mesi uno dei protagonisti più originali della nuova scena cantautorale italiana.

