“Qui e adesso” è il nuovo album di Massimo Ranieri, uscito giovedì 3 dicembre in concomitanza del nuovo show su Rai3, omonimo, registrato nel celebre Teatro Sistina di Roma, vuoto. Un gesto simbolico. Il nuovo disco di un gigante della musica e dello spettacolo che unisce brani inediti a grandi classici riarrangiati. Massimo Ranieri ha presentato il 2 dicembre alla stampa su Zoom, “Qui e adesso”, con anche l’omonimo spettacolo televisivo: quattro appuntamenti da giovedì 3 dicembre su RAI3.
Ranieri ha voluto riprendere dei brani dimenticati, un po’ “trascurati” come lui stesso ha detto, quasi volesse dare loro una nuova vita. E per fare questo, ha a lungo corteggiato un nome meraviglioso nel panorama internazionale: Gino Vannelli, autore, compositore, musicista e grande arrangiatore. Ed ecco a nuova vita alcune canzoni considerate a torto “minori”, anche perché portate a Canzonissima, due delle quali vinsero addirittura la kermesse.
Lo spettacolo è registrato dal Teatro Sistina vuoto, luogo simbolico per eccellenza, palco storico su cui si sono esibiti gli artisti più grandi
Questa particolare scelta è l’omaggio al teatro, alle difficoltà che sta vivendo in questo momento storico di convivenza con il virus, ai teatri chiusi, un omaggio agli artisti e alle maestranze lavorative, suo pensiero costante.
Il grande artista napoletano ha recuperato l’appuntamento con noi giornalisti e speaker, annullato la settimana scorsa per l’improvvisa morte di Maradona, quando scusandosi con tutti noi è riuscito con difficoltà a dire, tra la commozione “sono devastato dalla notizia della morte di Maradona, scusatemi tutti”. Anche il suo debutto su Rai3 era stato rimandato per rendere omaggio alla scomparsa del grande campione argentino che ha dato tanto, sportivamente, alla città di Napoli e a cui Ranieri era molto affezionato.
“Qui e adesso” contiene 17 brani ed è frutto della collaborazione con un altro grande nome, Gino Vannelli, compositore e cantante canadese dalla lunghissima e brillante carriera artistica, noto come “voce bianca della fusion” che da direttore artistico del progetto quale è, ha prodotto e curato gli arrangiamenti delle canzoni di Ranieri con il suo personalissimo stile, i suoi arrangiamenti magnifici, il suo marchio inconfondibile di originalità, freschezza, talento, esperienza.
Filo conduttore del nuovo album è quello di tornare indietro e recuperare dei brani che il grande artista sentiva di aver “abbandonato”. Tra i brani scelti ci sono le seguenti canzoni: “Via del Conservatorio”, “Ti Ruberei”, “Per una donna” e “Quando l’amore diventa poesia”. Tra le canzoni inedite, una menzione speciale la riserva per “Quando il sogno diventa inutile”, pezzo che Charles Aznavour gli regalò pochi anni prima di morire; il disco è stato preceduto da “Mia Ragione” mentre ad accompagnare l’uscita del disco, la scelta è caduta su “Siamo uguali”, versione italiana di “We Are Brothers” di Vannelli.
L’album “Qui e adesso” è una sorta di riscatto morale verso alcune canzoni degli anni Settanta forse un po’ trascurate?
Penso sia così, penso di sì. Ho lasciato la canzone a 24 anni per fare altre nuove esperienze, alcune canzoni hanno avuto fortuna e altre le ho accantonate ma poi capisci che le hai lasciate per strada. Adesso sono tornato indietro e mi sono messo a riascoltarle, anche per rispetto di autori eccezionali che ho avuto in quegli anni e con cui ho avuto la fortuna di collaborare; sono brani che ho amato, che hanno sfidato Canzonissima, li ho incisi perché ci credevo e poi mi sono detto “perché no? Voglio ridare al mio pubblico queste canzoni ma con qualche novità, con la “pennellata” artistica di Gino Vannelli, questo grandissimo artista. Erano canzoni che avevo nel cuore e mi sentivo in colpa, finalmente ora camminano da sole.
E’ successo qualcosa con Mauro Pagani? Vi siete lasciati bene?
Non è successo niente, ci siamo lasciati benissimo, già tre anni fa gli parlai del desiderio di realizzare un progetto con Gino Vannelli, il nostro è un rapporto ventennale di stima, rispetto e amicizia.
Ci sono decisamente gli anni ’70 nell’album
Quello fu un periodo straordinario, creativo, stupendo. Avevo una meravigliosa squadra, tra il ’69 e il ’74, con Polito prima e poi con Bigazzi, Totò Savio, dotata di grande creatività. Sono stati anni indimenticabili durante i quali abbiamo lavorato molto sul divertimento e sull’allegria. La canzone “Vent’anni” è proprio la descrizione della mia vita, un ragazzo giovanissimo che arriva da Napoli e crede fortemente nel sogno. Ricordo quando “assillavo” Domenico Modugno per farmi conosce! La mia stessa vita è nata come una poesia, penso a Rose Rosse e a Metello. Successivamente ho vinto Canzonissima nel 1970 con Vent’anni. Mi commuovo ancora adesso, pensando a quei giorni.
Ci racconta qualche aneddoto legato a quelle canzoni?
Ti Ruberei avrei dovuto presentarla al Festival della Canzone di Venezia ma fui fermato perché avevo finito il militare da poco e non potevo andare in tivù per un certo periodo: per i tre mesi successivi non avrei potuto, c’era una regola ben precisa; l’ho ripresa successivamente, appena ho potuto. Sogno d’amore invece è diventata la colonna sonora di un film con Beba Loncar. Queste sono tutte canzoni che avevo abbandonato ma poi si ritorna sempre a casa e l’ho trovata piena di ricordi meravigliosi, sono soddisfatto e felice oggi di comprendere canzoni che all’epoca ero troppo giovane per capirle. Quando l’amore diventa poesia è stato il mio secondo Festival di Sanremo e sono orgoglioso di poter dire di aver cantato una canzone di Mogol.
Come vive il connubio musica e tivù? Intensamente?
Sono un privilegiato, lo dico da artista anche pensando alle maestranze lavorative che in questo difficile momento sono ferme.
Mi sento fortunato che esista questa unione ed anche aver il privilegio di presentare Qui e Adesso in quattro puntate, ogni giovedì sera. Spero di trovare il gradimento di chi mi segue, del pubblico e mi auguro anche che le canzoni tornino quelle che erano allora, con una pennellata di freschezza.
La scelta del celebre Teatro Sistina di Roma vuoto, per il programma tv, è fortemente simbolica:
Il programma “Qui e adesso” va in onda dal Sistina, per varie ragioni, anche simboliche; non solo perché è il teatro del “mito”, in cui ho visto Totò e Anna Magnani, tanti grandi artisti hanno calcato il palcoscenico, ma è anche il luogo del mio debutto teatrale nel 1971: uno spettacolo dal vivo diretto da un altro Maestro, Vittorio De Sica. Andare in onda da un teatro vuoto è anche un segnale per il pubblico, è fortemente simbolico per il difficilissimo momento che stiamo passando e che la cultura sta vivendo.
Il brano “Quando il sogno diventa inutile” è un pezzo che le ha donato direttamente un altro grande della musica e dello spettacolo, Charles Aznavour: come è andata?
Considero Aznavour un Maestro e l’ho sempre seguito, mi sono sempre ispirato a lui, quando sono sul palcoscenico è a lui che penso. E’ stato un grande sogno che è diventato realtà. Esattamente come quando faccio una regia a teatro, io penso a Giorgio Strehler. Andai a un suo spettacolo, dire che ero felice è un eufemismo, e poi abbiamo comprato un cappello insieme. Non ci credo ancora di essere stato ospite di un suo show, c’era anche Franco Battiato, meraviglioso artista e uomo. Una volta per ringraziarlo ho chiamato Al Bano, ho comprato un ulivo e gliel’ho mandato in regalo nella sua casa in Costa Azzurra.
Oltre ad Aznavour, ha altri artisti come riferimenti musicali?
Adriano Celentano è stato un idolo per me. Ricordo quando cantò 24mila baci al Festival di Sanremo, fu uno scandalo tremendo, con i media dell’epoca che lo accusarono perché aveva voltato le spalle al pubblico e non si poteva fare, addirittura sculettando. Fece scandalo, ruppe qualsiasi convenzione politica e sociale. L’altro mio idolo è Domenico Modugno. Inoltre, posso dire che il grande Luchino Visconti, il celebre regista, volle ascoltare in anteprima “Vent’anni”, non mi sembrava vero all’epoca.
Segue la trap e il rap? Chi le piace tra i giovani cantanti e come è cambiato il modo di raccontare l’amore?
Apprezzo e mi piacciono molto Ghali, Mamhood e Achille Lauro; mi interessano moltissimo per come trattano le loro tematiche e l’approccio artistico; mi piace molto anche Irama, sarà infatti ospite del mio programma su Rai3. Pensavo fosse un ragazzo montato, un “montatello” come diciamo a Napoli, invece ha un bellissimo sorriso, è un ragazzo dolce, un artista umile, semplice, con un sorriso solare. Lui è un grande amante di De Andrè e quindi abbiamo deciso di cantare La Canzone di Marinella e letto inoltre un testo che si chiama Rolex, dal nome di una ragazza che racconta il rapporto conflittuale con il padre.
L’amore invece, è vissuto oggi e cantato in maniera rabbiosa e disperata. Mi fa male ascoltare i giovani artisti, come i trapper o i rapper che pure apprezzo molto, vivere e cantare l’amore con disperazione, con rabbia. Contrariamente a quanto facevamo noi che cantavamo l’amore con la speranza che sarebbe stato per sempre. Il nostro amore era ingenuo, speranzoso, “mano nella mano”: la ragazza sarebbe stata sicuramente la madre dei nostri figli. Invece oggi c’è rabbia e disperazione, tristezza, ripiego. E questo mi fa male.
Tiziano Ferro la stima e si dice fortemente legato a lei: vi ricordiamo nel duetto all’ultimo Festival di Sanremo, febbraio 2020, prima del primo lockdown
Sono molto legato a Tiziano da una stima professionale reciproca. Avremmo dovuto fare un concerto insieme al San Paolo, lui voleva proporre un pezzo in napoletano, le sue preferite da cantare erano tra Anema e CoreoCore ‘ngrato; allora gli ho detto che volevamo fare cantare davvero tutto uno stadio avremmo dovuto portare Reginella, brano che per altro io non faccio da ben quindici anni. Considero Tiziano un fratello minore, un mio fratellino: nel 1988 mi ha visto a Sanremo cantare Perdere l’amore e in quel preciso momento decise di fare il cantante. Così ha sempre dichiarato.
Le piacerebbe presentare il Festival di Sanremo, partecipare alla gara o fare il direttore artistico?
Sono troppo vecchio per il palco dell’Ariston, a meno che non mi chiamino a fare il direttore artistico, anzi no…forse meglio fare il conduttore, si hanno meno responsabilità. Lì bisogna giudicare le canzoni e per me c’è uno solo che può giudicare e sta lassù. Mi propongo come conduttore.
Perché i giovani cantano moltissimo e ancora le sue canzoni? Fa effetto sentire un giovanissimo cantare “Perdere l’amore” o “Ti penso”
Forse perché le ascoltavano già nelle pance delle loro mamme, forse perché le mie canzoni si tramandano di madre in figlio, di padre in figlio, quindi l’amore per i miei brani è passato di generazione in generazione. Non può che farmi un piacere enorme.