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Musica, dj, radio: a tu per tu con Roberto D’Agostino

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Intervistare Roberto D’Agostino, si rivela sempre molto interessante, appagante, si vorrebbe parlare per ore con lui; l’adrenalina è sempre forte, la battuta in agguato. Volto notissimo della televisione italiana, giornalista e personaggio tv, è un uomo arguto e intelligente con una vastissima cultura. Spazia da un argomento all’altro. Tanto onesto quanto brusco, è politicamente scorretto e molto rock. 

Personaggio seguito, amato, discusso e anche detestato, certamente non indifferente. Lanciato da Renzo Arbore nel programma cult “Quelli della notte”, nel 1985, Direttore del Sito Dagospia che quest’anno ha compiuto 20 anni di attività, uno dei portali più visitati d’Italia e di Europa, conosciuto anche per essere stato protagonista di diversi battibecchi e litigi televisivi, tra i quali quelli con Vittorio Sgarbi e con il regista e attore teatrale, l’istrionico Carmelo Bene, scomparso da alcuni anni. D’Agostino ha, tra le sue molte passioni, quella dei tatuaggi, con i quali ha ricoperto quasi interamente il suo corpoper esempio ha una chitarra elettrica sull’orecchio destro, un crocifisso sulla schiena e una delle due Torri Gemelle in fiamme tatuata sul bicipite destro, per ricordare l’attentato dell’11 settembre 2001. E’ anche un grande collezionista di arte: possiede due opere dell’artista inglese Damien Hirst, un genio mediatico tra arte e provocazione: The Wounds of Christ e New ReligionUn artista, Hirst, “desideroso di spingersi oltre i propri limiti nel desiderio continuo di esplorare, esorcizzare, comprendere la fragilità della nostra vita e l’ineluttabilità della morte”. La curiosità è il sale della vita, come ci dice nell’intervista a seguire, “curiosità è cultura”.

Venti anni di Dagospia, quest’anno: il Sito giornalistico definito da Roberto D’Agostino stesso “un bollettino d’informazione, una risorsa informativa online che si occupa di retroscena”. 

Lo abbiamo sempre visto come personaggio ospite di rottura, nei vari programmi tv. Dissacrante, ironico, sarcastico, irriverente, competente, curioso, sfacciato e rock (lui sì, è decisamente rock) ci ha abituati in questi anni a un susseguirsi di scandali politici, segreti e voci all’interno dei “palazzi”, news e gossip su celebrità, divi o pseudo divi, notizie di costume, economia, finanza e vari scoop, dal #MeToo al “Prati-Gate” passando per le ultime nomine Rai e perfino l’ingresso di Gabriel Garko nella casa del Grande Fratello Vip per un sofferto “coming out” che “non aggiungerebbe nulla di altro, nulla di nuovo all’inchiesta su “Ares Gate” (per i pochi che ancora non lo sanno, lo scandalo dell’agenzia di spettacolo Ares, in cui per molti anni hanno militato sia Garko che Adua Del Vesco – presente al GFVip – come molti altri attori, definita ora una sorta di “setta”). 

Dai tempi del programma cult “Quelli della notte”, nel 1985, lei è sempre stato un attento osservatore dell’ovvio, decennio dopo decennio. Quali sono le banalità che oggi proprio non sopporta?

Per me, la noia. Quello che più mi dà fastidio è la noia: a mio avviso, il maggior difetto. Non mi interessa se una persona sia alta, bassa, brutta o bella: una persona noiosa credo sia la cosa peggiore. Appena mi scatta la noia, dopo alcuni minuti che parlo o incontro una persona, è finita. Purtroppo, devo dire, le persone noiose sono tutte persone che non hanno cultura, non hanno curiosità, non hanno creatività, non hanno capacità di avere desideri per capire quello che si ha intorno, persone che non hanno nessuna capacità di collegare “il cervello alla lingua”, forse perché nel cervello non hanno nulla.

Si annoia spesso, Roberto? Le capitano persone noiose?

Sì, mi capitano spessissimo, quotidianamente. 

Parliamo di musica: in base alla sua lunga esperienza tra radio e giornalismo musicale ma anche nel suo lavoro da DJ in precedenza, ritiene ci sia una massificazione ossia un abbassamento culturale continuo della qualità della musica italiana? Ed eventualmente, perché? 

Si tratta di cicli, è opinante. Ci sono stati i periodi in cui è arrivato Elvis poi sono arrivati i Beatles, successivamente abbiamo avuto Prince, via via tanti altri artisti. Non c’è sempre una linea ascendente, c’è anche quella discendente. Si tratta proprio di cicli. Negli anni ’80 cominciano a scendere, nei ’90 scendono ancora. Come tutte le arti: si passa “dal Rinascimento alla Rinascente”. 

Si insegue il gusto del pubblico o è il pubblico che insegue il mainstream? Chi influenza l’altro?

Il pubblico nel campo della musica credo abbia solo voglia di avere un tappeto per le proprie piroette in discoteca; la musica come si intendeva negli anni ’50 e ’60 dando vita a quel soggetto sociale giovane che era e sarebbe stato uno stile di vita era qualcosa che andava a modificare il suo comportamento, il suo modo di vivere. Questa di oggi è musica “di sottofondo” e basta. 

Molti artisti si lamentano, tra questi Renato Zero che ha recentemente denunciato pubblicamente il fatto che le grandi radio non passino più i suoi pezzi come quelli di altri cantautori, sostenendo che vengano passati sempre i “soliti noti”, denunciando quindi una sorta di monopolizzazione delle grandi case discografiche, le majors.

Renato ha ragione, basti vedere chi sono i dj attuali o chi trasmette oggi, non avendo una cultura musicale, non avendo spesso competenze radiofoniche. Molti non sanno chi sia Frank Zappa tanto per fare un esempio. Sono solo ragazzi che mettono i dischi che vanno per la maggiore, hanno le famose liste e quei pezzi devono passare. Quello che dice Renato Zero è che ci debba essere sia la capacità di mettere la “sciocchezza del giorno” (il brano del giorno/della settimana) e anche qualcosa di pregiato del passato; in fondo la musica bella, la musica in generale è sempre quella contemporanea, non appartiene agli anni sessanta o settanta e basta. Quando qualcosa è stato colpito da una capacità artistica è sempre contemporanea: quando ascoltiamo l’album dei Beatles del 1967 Stg Pepper’s, un capolavoro, o un pezzo di Jimi Hendrix, questi sono artisti ancora contemporanei, non appartengono al “passato”. The Who – tanto per fare un altro esempio – sono più contemporanei di tanti pezzi che ascoltiamo passare oggi, secondo il mio parere.

Arriviamo alla radio e parliamone: come sopravvive la radio ai Social e cosa non le piace oggi delle grandi emittenti nazionali? 

La radio, bene o male, sembrava davvero appartenere al passato e invece accompagna ancora molto bene la gente che è in fila in macchina la mattina per andare al lavoro, scandisce le giornate delle persone, sopravvivendo ai Social. L’arrivo della televisione non ha ucciso il cinema, a suo tempo, come il cinema quando arrivò non ha ucciso il teatro. Quando arriva una novità, tutto si sistema e nulla scompare: solamente trova un altro modo, un altro spazio, un altro modulo di sopravvivenza e un’altra collocazione. Il circo per esempio non è mai scomparso. Internet certamente ha cambiato le cose, le nostre abitudini; lo streaming ha portato le piattaforme come Netflix, Amazon Prime, quindi nel tempo le cose cambiano e sono cambiate. Ma tutte trovano il loro spazio e convivono. La radio non si ascolta più come facevano i nostri nonni, in casa e basta. Oggi la radio si ascolta ovunque e con più metodi, mentre si fa altro. Nei nostri anni la radio significa tante cose: in FM, AM, DAB, streaming dal computer, via app da smartphone e tablet. 

Emergenza Covid: come sarebbe stata la quarantena senza Internet e senza smartphone?

E’ facile capirlo, sarebbe stata solo violenza. Internet è stato un bell’ammortizzatore sociale, perché moltissime persone si sono scatenate con gli insulti sui vari social e questo forse vuol dire che, bene o male, non sono andati per strada con un martello a “picchiare” qualcuno, quindi va bene. Ci si è insultati sul web, sui Social. Un po’ come il calcio, finchè c’è qualcosa che riesce a sfogare. L’istinto umano è sempre delicato. La civiltà è arrivata perché altrimenti ognuno di noi prenderebbe una pistola e si metterebbe a sparare, la civiltà serve anche a far sì che parlando e comunicando, noi possiamo avere un rapporto con gli altri, un rapporto civile. Anche io – ironicamente – vorrei ogni tanto “ammazzare qualcuno” ma bisogna comprendere che viviamo in una società; quindi Internet ha salvato davvero la vita a tutti noi. Certo, si può dire che internet alimenti e fomenti gli haters, quindi odio e rabbia, che alimenti fake news, tutto quello che vogliamo però vorrei vedere davvero con un Mondo, colpito dalla pandemia, senza internet, come avremmo fatto. Sarebbe stata davvero molto dura perché poi noi tutti abbiamo bisogno di affettività e di incontrare persone: con Internet, con il web, abbiamo potuto scambiare foto, video, parlare in chat. 

Dagospia, compie 20 anni quest’anno. Come è cambiato il nostro Paese, secondo lei? Siamo scontenti e “piagnoni”?

Una sola battuta: secondo me gli italiani hanno un grande futuro, l’Italia nessun futuro.

Intervistando lei penso a Flaiano che diceva, “ha una tale sfiducia nel futuro che fa i suoi progetti per il passato”

Io faccio progetti per il passato. 

L’ho salutato non prima di ricordare i memorabili litigi in televisione “ma perché litiga sempre con Vittorio Sgarbi?”. Protagonista di grandi discussioni in tv: con Vittorio Sgarbi, in particolare, discussioni come in “Otto e Mezzo”, La7, nel 2014, a 23 anni di distanza dal famoso schiaffo nel 1991 sotto gli occhi di Giuliano Ferrara nella trasmissione “L’Istruttoria” da lui condotta. Gli animi si infuocano durante la discussione, volano parole pesanti, si arriva alle offese. Sgarbi versa una bottiglia d’acqua addosso a D’Agostino, il quale replica con il famoso schiaffo sul viso del critico d’arte, uno schiaffo passato alla Storia della televisione e un Corrado Guzzanti seduto, alle loro spalle, che faticava a contenere le risate. Sono passati tanti anni ma gli animi dei due restano bollenti. Questa volta si sono riaccesi circa un mese fa a Stasera Italia, il programma condotto da Barbara Balombelli su Rete4, argomento il Covid-19. “La mascherina si porta in automobile? Ha un senso solo per chi ha rubato l’automobile. Basta diffondere panico, dicendo che la mascherina ci difende da un pericolo reale”, così diceva Sgarbi, dando il via a una serie di battute e controbattute sempre più eclatanti. D’Agostino rispondeva: “Sgarbi ma sei un virologo? La mascherina la devi mettere”. E il critico d’arte ancora una volta perdeva la pazienza: “La devi mettere tu, ma nel cervello, e via via in una escalation culminata nell’ennesimo litigio. 

Roberto D’Agostino ci piace, così com’è. 

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