Ambientato nella Polonia di fine diciannovesimo secolo, Il Mago di Lublino di Isaac Bhasevis Singer pubblicato nel 1960 è forse l’opera più autobiografica dello scrittore yiddish, nonché la più intrisa di temi a lui cari. Il protagonista è Yasha Mazur funambolo, prestigiatore e illusionista, perennemente alla ricerca di donne e di soldi. Sposato con una donna che non desidera, Yasha trascorre le giornate tra le braccia di tante donne e cercando di far propri i precetti della sua religione per poi dimenticarli miseramente un attimo dopo.
“Era un intrico di personalità. Religioso ed eretico, buono e cattivo, falso e sincero. Poteva amare molte donne contemporaneamente. Eccolo, ad esempio, pronto a rinunciare alla sua religione, eppure… quando trovava una pagina strappata di qualche libro sacro, la raccattava sempre e se la portava alle labbra”.
La sua vita viene sconvolta quando, invaghitosi di una donna con la quale sogna un futuro in Italia, organizza una goffa rapina. Ma il colpo non riesce, la sua assistente Magda da sempre innamorata di lui distrutta dalla presenza di una nuova fiamma decide di togliersi la vita. Il gesto estremo colpisce Yasha al punto che decide di ritirarsi in una stanzetta della sua casa munito di poche cose essenziali e scontare così i suoi peccati conducendo una vita da eremita, condizione che lo porterà negli anni a diventare una sorta di saggio venerato. Yasha, uomo inquieto e pieno di dubbi viene percepito dagli altri come l’uomo a cui chiedere certezze, un ribaltamento della situazione iniziale, uno sviluppo curioso che fornisce a Singer il pretesto per indagare il ruolo della fede ebraica nella vita dei suoi personaggi polacchi, intrisa di magia e devozione religiosa.
Il Mago di Lublino, pubblicato in una nuova veste da Adelphi edizioni, porta in sé elementi cari e sempre presenti nelle opere di Singer, l’ossessione per il sesso, il bisogno di trovare equilibrio tra male e bene, l’impossibilità dell’uomo moderno di farsi bastare una sola vita. Apprezzato il glossario alla fine del romanzo con una corposa raccolta di termini yiddish, che Singer utilizza copiosamente proiettando il lettore in una quotidianità fatta di riti e simbolismo.