Il palazzo incompiuto emette respiri profondi e regolari. Effetto della creatività di un team di 10 studenti del liceo Majorana di Guidonia Montecelio, guidati dal prof di Arte Roberto Ianigro, che hanno ideato una mega istallazione notturna come punto di partenza del progetto di recupero attraverso un modello di “cultural business”. Così si sono aggiudicati il primo premio Ro-Lab (Rome live art lab), promosso da fondazione Mondo Digitale e Ambasciata Usa “per sperimentare nuovi esempi di progettazione condivisa e rianimare luoghi abbandonati di Roma” nella città in lockdown. L’edificio era stato costruito per ospitare la cittadella della piccola e media impresa, e poi dimenticato. Lasciato così, ai margini della periferia romana, tra via Fiorentini e via dei Monti Tiburtini, con i suoi dieci piani di cemento schiacciati tra il frastuono della città di giorno e il buio che lo inghiotte di notte. Per i ragazzi è il luogo giusto per realizzare “stARTER”, acronimo di “Spazio tiburtino arte e riciclo”. A ridosso della Tiburtina, la strada di collegamento tra il centro di Roma e Guidonia. Quasi un nodo di scambio culturale tra il cuore della metropoli e l’hinterland.
Luoghi in cerca d’autore e “Global Green New Deal”
Il tema della “rigenerazione urbana” è globale, e ormai al centro delle azioni amministrative delle più grandi città del mondo. Un tema che bussa forte anche alle porte italiane, dove le aree urbane sono piene di luoghi come questi, in cerca d’autore. Basti dire che Il “C40 – Cities Climate Leadership Group” (la rete mondiale di città impegnate a contrastare il cambiamento climatico) proponendo la seconda edizione del concorso “Reinventing city” quest’anno, tra i 28 siti sparsi su tutto il pianeta da reinventare, ne ha inseriti 12 italiani, cinque di Roma e sette di Milano.
Le idee dei ragazzi del Majonana
Le fasi, gli obiettivi e le connessioni per progetto di “cultural business” dei ragazzi del Majorana sul palazzo di via Fiorentini sono sintetizzati in una video-performamce che meglio di tutto racconta il progetto, coglie il presente e guarda al futuro. Con la supervisione del loro preside, Eusebio Ciccotti, saggista e critico cinematografico.
Un minifilm che inizia dalla prima mossa: quattro studenti del team simulano 24 ore di vita quotidiana al suo interno, azioni semplici come prendere un caffè o leggere un libro. Il senso: “E’ l’atto fondativo dell’intero processo per rendere domestico l’edificio incompiuto, che quindi non ha mai ospitato la vita”
E quel palazzo che respira (davvero) è il secondo step di un modello di “cultural business” che ha conquistato la giuria. Attira interesse e curiosità se di notte diventa una poesia dell’incompiuto: alcune finestre si accendono e si spengono simulando la presenza della vita, mentre diffusori sonori producono un respiro.
L’arte al tempo del Covid
“Nell’idea di partenza – spiegano i ragazzi – l’installazione alludeva metaforicamente al respiro dell’edificio che per la prima volta prendeva vita, innescando così un processo di rigenerazione urbana, conferendo identità al luogo (stArter). Alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi la proposta si è caricata di un significato aggiuntivo, quello del ritorno alla vita: i((n))spiro, i((n))spiri. La componente sonora potrà inizialmente essere diffusa attraverso personal device. Le riprese sono state girate e montate a gennaio quando non si poteva prevedere la portata mondiale della diffusione del covid 19. Nella revisione del montaggio abbiamo deciso di intervenire in tre punti. Abbiamo inserito, in sottotraccia, la voce di uno speaker che riporta i dati della diffusione del virus in Cina all’inizio di gennaio, in contrasto con la spensieratezza dei gesti quotidiani compiuti, come prendere un caffè seduti ad un tavolo di un bar. Per l’immagine che chiude i sei capitoli e che suggerisce uno dei possibili esiti, abbiamo previsto un salto temporale di dieci anni, in risposta all’augurio dell’incipit; ciò che appare è la struttura completata e che ospita una retrospettiva sull’arte al tempo del covid. Per concludere, la seconda scena dell’epilogo, l’unica girata a maggio, documenta l’operazione di mail art”.
I virtual tour a rovescio
“Il terzo e quarto obiettivo sono appropriazione e condivisione, prevedono la realizzazione di una rete di connessioni finalizzata alla conquista dell’incompiuto. Re-stArter, la piattaforma web immaginata, facilmente realizzabile, potrebbe offrire un ambiente virtuale che ricostruisca lo spazio reale dell’edificio, ove proporre la collocazione di opere. Il risultato immediato sarebbe quello di uno spazio espositivo virtuale in divenire, all’interno del quale i visitatori possano muoversi on line, e che costituisca una prefigurazione di quanto invece poi potrà essere concretamente realizzato. Un processo inverso rispetto ai tour virtuali offerti dalle maggiori istituzioni museali mondiali che rendono accessibili via internet le loro collezioni”.
Le connessioni
Ed ecco chi sono i dieci studenti “entusiasti e curiosi” che hanno detto sì all’esperienza sospesa tra arte contemporanea e avventura metropolitana proposta dal prof Ianigro: Francesca Aprile, Ruchira Fernando, Chiara Peretti, Martina Urbinati, Andrea Di Alessandro, Debora Capizzi, Aurora Carta, Denise Matera, Federico Russo, Sharon Zaccagnino. Con la partecipazione straordinaria di ex studenti del Majorana: l’architetto Roberto Fioretti, la dottoressa in studi storico-artistici Giada Pipitone, i film maker Irene Scifoni ed Emanuele Eleuteri.
“Ci siano poi confrontati – spiega il prof Ianigro – con il prof Pippo Ciorra, da anni fautore del ri-ciclo architettonico (curatore della mostra Re-cycle, MAXXI, 2011) per affinare la struttura del processo. Ricco di spunti di riflessione, input tecnologici e rimandi a casi concreti l’incontro con il prof Alfonso Giancotti e il suo staff presso la facoltà di Architettura. Essenziale l’attenta e vulcanica presenza di Roberto Fioretti che ha garantito la continuità concettuale dell’iter, così come quella di Ciro Vitale che ha stimolato i ragazzi con le sperimentazioni artistiche contemporanee. La video-performance è stata arricchita dal prezioso apporto di Leandro Sorrentino per il sound design e per il commento musicale in collaborazione con Dimitrij Vinciguerra”.
Cinque siti dismessi romani e sette milanesi candidati al “Reiventing Cities”
Città del mondo in rete per contrastare il cambiamento climatico. E’ questo il “C40 – Cities Climate Leadership Group” che anche quest’anno ha lanciato il concorso “Reinventing Cities”. Destinato a team multidisciplinari di architetti, progettisti, sviluppatori, imprenditori, ambientalisti, start-up, associazioni di vicinato, innovatori e artisti pronti a sfidarsi sul tema della rigenerazione di siti dismessi. Sono esattamente 28 quelli proposti, in 11 città del mondo. Di cui cinque a Roma (ex mercato di Torre Spaccata, Roma Tuscolana, ex Mira Lanza, ex Filanda, Verunni) e sette a Milano (ex Macello, piazzale Loreto, Crescenzago, palazzine Liberty, Scalo Lambrate, Monti Sabini, Nodo Bovisa). Le altre città coinvolte nel progetto ono Cape Town, Chicago, Dubai, Houston, Madrid, Montreal, Reykjavik, Rio de Janeiro e Singapore.
Obiettivi del C40
“C40 Cities collega 94 delle più grandi città del mondo, che rappresentano oltre 700 milioni di persone e un quarto dell’economia globale – spiega il sito del Reinventing cities -, C40 sta guidando la carica per un Global Green New Deal. Creato e guidato dalle città, C40 si concentra sull’affrontare il cambiamento climatico e guidare l’azione urbana che riduce le emissioni di gas serra e i rischi climatici, aumentando al contempo la salute, il benessere e le opportunità economiche dei cittadini urbani. Il nuovo presidente della C40 è il sindaco di Los Angeles Eric Gracetti, che ha assunto la carica dopo il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo. E Michael R. Bloomberg, sindaco per tre mandati di New York City, è presidente del consiglio”.
Dati e campo d’azione: “Senza inversioni di tendenza sul livello di emissioni le temperature medie globali saliranno di 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali entro il 2100. E le città diventeranno sempre più vulnerabili agli impatti negativi dei cambiamenti climatici. Per evitare questo scenario, l’Accordo di Parigi del 2015 impegna i firmatari a proseguire gli sforzi che limiteranno l’aumento medio della temperatura globale a meno di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali. Le città potrebbero fornire circa il 40% dei risparmi necessari a questo obiettivo. Attraverso il “Global Green New Deal”, hanno ribadito l’impegno a proteggere l’ambiente, rafforzare l’economia e costruire un futuro più equo tagliando le emissioni dai settori più responsabili della crisi climatica, in particolare gli edifici. Le città hanno bisogno che le nuove costruzioni siano il più vicino possibile a zero emissioni di carbonio e alti livelli di retrofit per gli edifici esistenti, che rappresentano oltre il 50% delle emissioni nelle città C40. I progetti vincenti del “Reinventing cities” fungono da modelli per nuovi modi di costruire e vivere, dimostrando come l’alleanza tra il settore pubblico e privato possa plasmare il futuro, offrendo uno sviluppo urbano più sano, più verde ed economicamente sostenibile”.