La definizione di bellezza che più mi piace l’ha pensata un geniaccio di nome Leon Battista Alberti, “pittore, architetto, poeta, erudito, filosofo e letterato” del ‘400, come scrive Francesco De Santis nella sua Storia della letteratura italiana. Non sto subito a dirvi quale sia la definizione altrimenti non leggereste il resto dell’articolo.
Bellezza. Per il dizionario Treccani “qualità di ciò che è bello (e grazie, nda) o che tale appare ai sensi e allo spirito”. … O che tale appare ai sensi e allo spirito. Mmh, me gusta. Rende quell’essenza di soggettivo che ci sta. E custodisce la saggezza di proverbi e detti popolari del tipo “La bellezza è negli occhi di chi la guarda”, o “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”, “La bellezza salverà il mondo” e così via.
Il concetto puro di bellezza si realizza nell’arte ed è altra cosa da come lo si intende nella grafica o nel design. Mi verrebbe da dire che per l’artista il “bello” (pur sempre da intendersi nella sua individualità) sia il fine ultimo e unico. Il pittore dipinge, non ci pensa su. Magari, non so, un’immagine fantastica, come l’orologio che si scioglie di Dalì. Non servono didascalie, non deve spiegare quello che gli passa per la testa. Sarà la tela a restituire le emozioni che ci ha riversato dentro. Pensate alla gioconda: non sappiamo con certezza neanche di chi sia quel volto, eppure è il dipinto più apprezzato al mondo. Tracciando un parallelo con il graphic design viene da rabbrividire: come se l’art director progettasse una pubblicità magnifica ma non si capisse cosa sta reclamizzando. Diremmo bene, ma non benissimo.
La storia dell’arte è piena di (tentativi di) definizioni di bellezza. Si racconta che proprio Leonardo, da buon ingegnere, affidasse a formule matematiche i propri canoni estetici: le proporzioni auree dell’uomo vitruviuano e della monnalisa; i rapporti geometrici dei ritratti. The genius era convinto che nel viso di una donna la distanza tra gli occhi dovesse corrispondere esattamente alla larghezza del suo naso. In caso contrario la modella era una cozza. Picasso trasecola: “L’arte non è applicazione di un canone di bellezza, ma ciò che l’istinto e il cervello elaborano. Quando si ama una donna non si comincia sicuramente a misurarle gli arti…”. Concetti distanti ma con un comune denominatore: il bello come obiettivo da perseguire.
Nel graphic design no, la bellezza non è il traguardo. Semmai è lo strumento. Il mezzo tramite il quale veicolare in modo efficace un messaggio. E le distanze con l’arte si accentuano nel limite della “contemporaneità”: la meraviglia di un Caravaggio resta immutata nei secoli (l’arte). Una creatività pubblicitaria degli anni ’70 – con poche ma dovute eccezioni – oggi apparirebbe buffa, inadeguata, improponibile (il graphic design). Ma chiudiamo la questione con la perfetta sintesi del maestro Bruno Munari (dal libro “Artista e designer”), per il quale “l’artista opera con la fantasia mentre il designer usa la creatività”.
Nella grafica, insomma, interviene una componente razionale che impone regole, intrappola la bellezza in una gabbia tipografica e la riduce (quando tutto va bene) ad armonia. Perché la copertina di un libro, il layout di una rivista o l’etichetta di un prodotto commerciale funzionano solo se capaci di comunicare. La mission di un progetto grafico è tutta lì: rendere visivamente “efficace” un contenuto. Prendere per mano l’osservatore e accompagnarlo piacevolmente dalla prima all’ultima parola stampata (o digitata). Un bravo graphic designer gioca con forma e contenuto, con fantasia e razionalità, regole e creatività. Sceglie e impiatta nel migliore dei modi i propri ingredienti: immagini, font, testi, titoli, didascalie. Rispettando l’equilibrio della composizione e inseguendo ossessivamente l’armonia. Che proprio come diceva quella vecchia volpe di Leon Battista Alberti, “è fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere o togliere o cambiar nulla se non in peggio”. … In modo che non si possa aggiungere o togliere o cambiar nulla se non in peggio. È questa la definizione di bellezza che mi piace di più nel graphic design.