Chi di voi non ha sognato almeno una volta nella vita di mollare tutto e fare il giro del mondo in barca a vela? La famiglia Barberis ha trasformato il sogno in realtà. Stefano, tecnologo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Milano, e Sara, designer di moda del tessuto, sono sposati dal 2008 e insieme hanno tre figli Iago, Nina e Timo (rispettivamente di 11, 8 e 3 anni). Il mare è stato galeotto per la coppia che ha visto scoppiare la scintilla dell’amore proprio durante una vacanza in barca a vela in Grecia tanti anni fa. La passione per il contatto diretto con la natura li ha accompagnati durante tutta la loro storia. Ora, da circa due anni si sono messi in testa di fare il giro del mondo in barca a vela e di portare anche e soprattutto i figli. Sono state tante le difficoltà che hanno dovuto affrontare per arrivare ad oggi pronti e preparati per fine settembre quando tutti insieme salperanno alla conquista di una incredibile avventura.
Sara, quale è il vostro itinerario?
Partiremo da un porto vicino La Spezia alla volta delle Isole Baleari passando per lo stretto di Gibilterra, Isole Canarie e Capo Verde, quindi la traversata atlantica fino ai Caraibi. È già la seconda volta che rimandiamo questo viaggio, lo scorso anno per mancanza di fondi e a luglio per l’emergenza coronavirus. Ora siamo pronti, certo questa pandemia ci spaventa un po’ ma vorrà dire che staremo ancora più attenti. Il progetto è quello di stare un anno fuori e fare il giro del mondo, spero possa realizzarsi. L’aspetto economico è una variabile che determinerà la prosecuzione del viaggio. Ne abbiamo fatti tanti di sacrifici prima di arrivare qui, al momento della partenza. Tre anni fa avevamo messo in affitto la nostra casa di Milano, trasferendoci in Brianza per vivere insieme a mio padre e risparmiare un po’. Poi per rendere tutto questo reale abbiamo dovuto prendere una decisione drastica per concludere il restauro della barca: vendere la casa in città.
Con quale barca partirete?
Alcuni anni fa comprammo una barca in comproprietà con degli amici, poi con grandi sacrifici siamo riusciti ad acquistarne una tutta nostra, quella con cui partiremo, si chiama Shibumi, in giapponese significa “bellezza poco appariscente”. Si tratta di una barca a vela di 56 piedi, degli anni Ottanta, con quattro cabine per ospitare fino a 10-12 persone.
Come mai avete deciso di mollare tutto e partire per questo lungo viaggio?
La vita fatta di ritmi scanditi tra sport, lavoro, scuola, la conosciamo molto bene, abbiamo vissuto tutto intensamente finora. Ci siamo resi conto che volevamo giocarci tutto a quarant’anni, non aspettare magari i soldi della pensione, quando non hai più la voglia e l’energia di affrontare viaggi così. Volevamo testare un altro modo di vivere, completamente a contatto con la natura, ad impatto zero con le risorse a disposizione: mare, vento e acqua. Non sappiamo se torneremo o se decideremo di vivere altrove. Per ora, abbiamo venduto la nostra casa per finanziarci e ci siamo presi un anno di tempo. Se troveremo modo di autosostentarci, potrebbero diventare due. A bordo servono pannelli solari, impianto eolico, desalinizzatore. Dobbiamo essere autonomi ed efficienti. Vivere così, in barca, insegnerà a tutti noi a evitare sprechi, a rispettare l’ambiente.
Quali provviste avete preparato per un viaggio così lungo?
Stiamo cercando di portare tutti prodotti italiani con noi. In quest’ultimo periodo mi sto mettendo in contatto con aziende made in Italy che magari abbiano voglia di aiutarci mettendoci a disposizione i loro prodotti. Un’azienda siciliana che ci ha conosciuto sui social ci ha appena inviato una scatola piena di marmellate prodotte da loro, regalo molto gradito per le colazioni oceaniche.
I vostri figli sono già abituati al mare?
Da 17 anni ogni estate, grazie a congedi parentali e telelavoro, ci trasferiamo due mesi in barca. Prima da soli, io e mio marito, poi si sono aggiunti uno alla volta i nostri figli. Abbiamo macinato miglia e miglia in Italia e negli ultimi anni abbiamo esplorato il mare Greco. Ormai anche loro sono affascinati, come noi grandi, dal mare e si divertono tantissimo ad aiutarci in barca.
Come faranno i vostri figli con la scuola?
Parlando con la dirigente lei ci ha detto i bambini vanno a scuola per due motivi: apprendere e socializzare. Visto che il secondo fattore, legato ai loro compagni di classe, verrà meno ci siamo dovuti reinventare per far sì che almeno il primo fattore venisse soddisfatto. Abbiamo elaborato un progetto ecosostenibile affinché i nostri figli oltre alla scolarizzazione parentale in linea con le misure del ministero, di cui mi occuperò io in prima persona, affronteranno un percorso vero e proprio a contatto con la natura di piena scoperta. Volevamo che la nostra avventura non fosse solo un bel viaggio. È nato dunque “Floating lab” che trasformerà la nostra barca in un laboratorio galleggiante per l’analisi delle microplastiche, plancton e avvistamento cetacei. Inoltre, porremo l’attenzione sul consumo e sul bilancio energetico a bordo paragonandolo a quello della vita di terra. Quando torneremo in Italia i nostri figli dovranno seguire un corso, certificare il lavoro svolto e accedere all’anno scolastico successivo.
Allora…siete pronti per salpare?
I bambini sono esaltati, non vedono l’ora. Per me e Stefano andare in mare è ormai uno stile di vita.