di Alberto Cuccuru
Avevo appena finito di leggere un bel saggio sul populismo della professoressa Nadia Urbinati (Io, il Popolo. Come il populismo trasforma la democrazia, Il Mulino – 2020) pensando di poterne meditare il prezioso contenuto, oltre che il grande e qualificato contributo in ordine a questa nuova forma di governo rappresentativo che la democrazia populista ha plasmato e modellato.
Tale processo, diciamo di analisi e soprattutto di discernimento, è stato “distratto”, da un annuncio di pochissimi giorni addietro che, probabilmente, avrà il merito di non associare l’anno 2020 esclusivamente alla pandemia e all’emergenza sanitaria che è derivata per effetto del Covid- 19.
A otto anni dalla sua elezione, Papa Francesco scrive una nuova Enciclica, che rappresenta il punto di confluenza di un’ampia parte del suo magistero. Il titolo non deve sorprendere: è una citazione diretta dalle Ammonizioni di San Francesco: Fratelli tutti. Indica una fratellanza che si estende non solo agli esseri umani, ma anche alla terra, in piena sintonia con l’altra enciclica di Francesco, la Laudato si’. E’ stata definita, la Fratelli tutti, come una enciclica sociale. L’inizio di questo “genere letterario” all’interno del corpus dei documenti pontifici denominati “enciclica” si deve a Leone XIII che il 15 maggio 1891 pubblicò la Rerum novarum, cioè il testo con cui affrontava dal punto di vista cristiano le questioni sociali all’epoca più dibattute, respingendo la lotta di classe di matrice socialista, ma sostenendo le giuste rivendicazioni proletarie e riaffermando il principio secondo cui la proprietà privata è a servizio della libertà della persona e della famiglia, pur avendo una dimensione sociale anch’essa. Con quella enciclica Papa Pecci diede diritto di cittadinanza anche al principio della sussidiarietà dell’intervento statale; riconosceva il diritto all’associazione sindacale e chiede per tutti un salario che assicuri il giusto sostentamento.
Così è nata la Dottrina sociale della Chiesa, anche se questo nome verrà coniato in seguito da Pio XII, mentre lo stesso Leone XIII parlava di “filosofia cristiana” e Pio XI di dottrina sociale ed economica. Ad ogni modo dal 1891 in poi, e spesso proprio per effetto delle encicliche sociali – cioè quelle che trattano problemi legati all’economia, al lavoro, alla politica e ai rapporti internazionali – la Dottrina sociale acquisterà sempre più una propria fisionomia, per illuminare quegli stessi problemi con la luce del Vangelo. Compresa la Rerum novarum, l’elenco delle encicliche sociali si compone di almeno 111 documenti di 8 pontefici, più l’Octogesima adveniens, Lettera Apostolica di Paolo VI (14 maggio 1971). Mentre su altre encicliche, che pure trattano problemi sociali anche se non esclusivamente, non è univoca tra gli studiosi l’attribuzione a questo corpus.
L’enciclica Fratelli tutti, che si inscrive a pieno diritto tra quelle sociali, ha una latitudine tematica assai ampia.
Fin da subito, ossia da sabato 4 ottobre, giorno in cui il pontefice ha firmato il documento offrendola al mondo in un gesto di ecumenismo che ha visto nella tomba di San Francesco in Assisi la sua più autentica e coerente visibilità, le prime letture venivano attratte da un argomento assai laico che da tempo impegna e interessa una buona parte dell’opinione pubblica: il populismo.
Superata una iniziale sorpresa, la prima impressione era quella della “solita” sintesi degli organi di stampa laddove capita che a qualche tema sia dato un risalto o una oggettivazione che poi non risulta troppo conforme o troppo attinente rispetto al testo di riferimento.
Invece no.
Papa Francesco non svolge un fugace riferimento o una mera evocazione; affronta il populismo e spiega, se ancora ve ne fosse bisogno, la sua visione tracciando, almeno questo potrebbe essere un senso interpretativo rinvenuto da qualche osservatore – in tal senso, Andrea Riccardi, storico della Chiesa e tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio – , una via tra l’individualismo e, appunto, il populismo.
Non una semplice divagazione, dunque. E’ indubbio che il tema dominante dell’enciclica sia la fraternità e, sul punto, Papa Francesco in Fratelli Tutti ci ricorda quale sia “la sua fraternità” ricorrendo, nel spiegarlo, alla scelta della parabola del Buon Samaritano come principale e, in un certo senso, unico impianto teologico ed etico del suo discorso complessivo.
Tuttavia, la centralità della fraternità non è tale da poter far trascurare altri fondamentali passaggi dell’enciclica, come il populismo a cui sono dedicate queste pagine.
Papa Francesco non si accontenta.
Se sulla Laudato sii ha mostrato come il dilagare di quella che il sociologo David Garland ha definito come la “cultura del controllo”, laddove a partire dal XVI secolo si osserva la crescita del desiderio di piegare tutto a servizio dei nostri bisogni, dove tutto deve essere misurato, governato, amministrato e utilizzato, così conducendo alla crisi ecologica che connota l’enciclica del 2015, l’amicizia sociale è l’altro pilastro si cui si regge la fraternità umana e la cura del creato, così da formare l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace.
Per declinare questo anelito, dedica un intero capitolo della Fratelli Tutti, il quinto, alla “migliore politica”.
«Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale – scrive Francesco – capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso».
«Mi permetto di ribadire – afferma – che la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficentista della tecnocrazia».
«Non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale». Al contrario, «abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi».
«Penso – afferma – a una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose». Non si può chiedere ciò all’economia, né si può accettare che questa assuma il potere reale dello Stato.
Papa Francesco insiste su una distinzione: una cosa è essere a fianco del proprio “popolo” per interpretarne il “sentire”, un’altra cosa è il “populismo”. Nella “Fratelli tutti” spiega: “Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo”, ma ciò “degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere”. Altre volte, invece, “mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione”. Ciò si aggrava, per il Papa, “quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità”.
“I gruppi populisti chiusi deformano la parola ‘popolo’”, il monito di Francesco, “poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo”, perché la categoria di “popolo” è aperta. “Un’altra espressione degenerata di un’autorità popolare è la ricerca dell’interesse immediato”, in base alla quale “si risponde a esigenze popolari allo scopo di garantirsi voti o appoggio”. No, allora, al “populismo irresponsabile”, ma anche all’accusa di populismo “verso tutti coloro che difendono i diritti dei più deboli della società.
Le questioni che si pongono sono importanti, diremmo decisive.
Risulta sempre più indifferibile la necessità, da una parte, di evidenziare come i cittadini abbiano un accesso diseguale al “mercato delle idee” e che alcuni di loro abbiano alcuni gruppi abbiano una voce più forte di altri in ragione di una ricchezza che detengono o che possono impiegare per amplificare il loro potere di influenza e realizzare più facilmente i loro progetti, e dall’altra arginare il paradosso del populismo, ossia l’incapacità di conciliare la democrazia redentrice con la democrazia pragmatica.
In altre parole, quando Papa Francesco esorta nel capitolo 159 accennando “all’insano populismo” che si ingenera quando “si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere”, osteggia alcune categorie che caratterizzano il populismo al potere: la faziosità, che nasce da una concezione proprietaria dei diritti e delle istituzioni; il maggioritarismo, che distorce il principio di maggioranza per identificarlo con il potere di una maggioranza; dux cum populo, che corrisponde alla rappresentanza come incorporazione; l’antipartitismo, che è la forza trainante del populismo.
Vi è necessità, urgenza, di un’esperienza silenziosa e di una nuova consapevolezza, che porti ad elaborare un antidoto alla cultura dei populismi che si pone come ostacolo all’affermarsi dei popoli.
Dallo sdegno, che include la denuncia, all’indignazione.
Ecco una prospettiva per cambiare.
Secondo Sturzo, fautore del popolarismo, distinto e distante dal populismo, “la politica non guasta, ma rivela gli uomini”; allora, se i populismi sono come burrasche che si infrangono su tutto ciò che è governo e istituzioni, se la degenerazione del concetto di popolo – come ricordato nella Fratelli tutti – e la strumentalizzazione di chi lo guida è in parte fisiologica, molto dipende dalle risposte che la coscienza del popolo sceglie di dare alle conseguenze dei populismi che negano il pluralismi e le minoranze. Per evitare, o almeno tentare di evitare, che il kratos possa umiliare il demos, probabilmente l’enciclica Fratelli Tutti rappresenta una visione potente e urgente per il rinnovamento, non solo per i credenti.
CHI È ALBERTO CUCCURU
Avvocato Cassazionista, già Assegnista di ricerca in Storia del Diritto alla LUISS, componente Consiglio Nazionale del M.A.S.C.I. , Revisore dei Conti di Retinopera.