Sullo sfondo i palazzi della Sapienza, davanti un serpentone di ragazzi con le mascherine, i documenti in mano, nell’aria l’eco degli slogan di chi protesta per abolire il test di medicina. È il giorno della prova d’ingresso per gli aspiranti medici: sono 66.638 i candidati che da mezzogiorno tenteranno di superare la prova d’ingresso per aggiudicarsi uno dei 13.072 posti disponibili sul territorio nazionale. I candidati sono diminuiti, i posti aumentati ma comunque solo uno su cinque potrà intraprendere il corso di studi per indossare il camice bianco.
“Un grande in bocca al lupo a tutte le ragazze e i ragazzi che questa mattina compiono il primo passo verso la facoltà di medicina. Siete il futuro del nostro bene più prezioso, il Servizio Sanitario Nazionale”. Il primo messaggio social di Roberto Speranza, questa mattina, è stato dedicato a loro. Certo nell’anno del covid, della prova durissima che ha affrontato la rete ospedaliera, gli operatori della sanità, questo esercito di studenti con la vocazione della medicina sembra anche più importante, sarà il simbolismo, sarà la necessità.
Una prova dura, 60 domande in 100 minuti a risposta multipla, matematica, fisica, biologia, cultura generale. Aspettative e ansie, con un recinto di regole ancora più rigide quest’anno a causa della pandemia, delle misure imposte per fronteggiare il covid. È la prima grande prova di ripresa dell’università, in un contesto in cui si registra un’impennata di contagi che a luglio forse neanche si immaginava. Ecco perché a Roma, all’entrata dell’ateneo romano, il dispiegamento della protezione civile, dei volontari è importante. Alle otto questa mattina già c’è la fila, gli studenti in processione con la mascherina e il distanziamento, sono circa 4mila divisi per le diverse sedi, pronti a entrare alle 9 per mettersi poi ai banchi a mezzogiorno. Tre ore estenuanti di attesa, necessarie per organizzare in maniera efficiente il test. Entra uno alla volta.
Mentre la fila avanza, prende piede la protesta di una cinquantina di studenti delle associazioni contro il test d’ingresso: è una vecchia battaglia, liberare l’iscrizione, dai costi tra l’altro sempre più salati. E questo è un altro fronte di scontento. Ma è il sogno della corsia d’ospedale che si gioca in 100 minuti, pagine di domande e risposte, l’occasione di farcela anche se l’atmosfera è un po’ distopica. Non solo mascherine (da tenere sempre) e distanziamento, per evitare eccessivi spostamenti è stato consentito ai candidati di sostenere la prova nell’università più vicina e non in quella indicata come prima scelta. La prima selezione avviene in realtà senza quesiti ma sulle carte. Irregolarità nei documenti, una svista sulla ricevuta di pagamento, e si è fuori dal test.
C’è stato poi il caso degli iscritti che però sono in quarantena. Studenti a cui è bastato avere un contatto con un positivo per andare in isolamento. Faranno la prova dopo? Difficile pensarlo, considerando il fiume di ricorsi che potrebbe arrivare. Una grana di cui si sta occupando il ministero, ma intanto sono esclusi.