Era una donna del secolo scorso, Rossana Rossanda (classe 1924), una “ragazza del secolo scorso” che ci ha lasciato ieri. È stata deputata del Partito Comunista, espulsa nel 1969 dallo stesso Partito Comunista Italiano con il gruppo del Manifesto, ed è stata una delle fondatrici e direttrice dello storico quotidiano. La radiazione dal Pci, sofferta, insieme a Magri, Castellina, Parlato, Pintor e Natoli. Una grandissima scrittrice, intellettuale, giornalista.
“Per essere liberi bisogna rischiare: la libertà è un rischio”
Parlare della Rossanda non è semplice, ci si sente molto piccoli e non abbastanza preparati per ripercorrere una vita magnifica, dal punto di vista intellettuale e storico. Si aveva un tale rispetto per lei che i ventenni dell’epoca, negli anni ’70, facevano fatica a rivolgerle la parola; sfido chiunque a reggere una conversazione con lei. Non deve essere stato semplice.
“Quindici, venti anni fa, un’Italia in difficoltà ma inimmaginabile pensare di trovare peggiorato un Paese come questo, oggi, dal punto di vista politico, culturale e sociale. Nessuno fa un esame di coscienza, del proprio io, nessuno che senta il bisogno di domandarsi come mai l’Italia sia arrivata a questo punto. Fino a qualche anno fa ci si interrogava politicamente, si aveva ancora, o si tentava, una lungimiranza politica e oggi no, tutto questo non esiste più” – lamentava spesso la Rossanda, durante le rare, ultime, interviste. L’ultima risale al 2018, nella trasmissione di Rai3, Propaganda Live. Viveva a Parigi da alcuni anni ma era tornata in Italia due o tre anni fa, circa, dopo la svolta sovranista avvenuta in Italia, con l’ascesa della Lega “sono tornata per combattere”, diceva. L’ultima uscita pubblica era stata con l’amica e la compagna di una vita, la giornalista Luciana Castellina, per un’iniziativa a sostegno della Casa delle Donne, a Roma. “La sinistra non si interroga e se lo fa, non ce lo dice”.
Sono state attutite le disuguaglianze sociali? E’ stata molto critica nei confronti della sinistra e del Partito: dopo la morte di Togliatti, con Longo Segretario e la sinistra di Ingrao le fratture furono insanabili, le posizioni diverse.
Una “ragazza per sempre”, è stata definita; femminista, libera, combattente, partigiana, anticonformista, marxista e comunista, donna “rigorosa” ed “etica”, laica, controcorrente, resistente, complicata e complessa, autorevole, seria, illuminata. Controverso, un articolo sulle Brigate Rosse di qualche anno fa e unica, lo ricordiamo, ad aver intervistato Mario Moretti. Una donna, una intellettuale in grado di incidere profondamente, con la sua penna arguta e libera, sulla cultura di questo nostro Paese ormai, da troppo tempo, sciatto, trascurato, senza memoria storica. Un cruccio: “La sinistra ha perso il suo elettorato sui temi più importanti”.
Rossana Rossanda ci ha lasciato a 96 anni, dopo una vita davvero piena e straordinaria
“La ragazza del secolo scorso”, come aveva intitolato la sua biografia nel 2005 edita da Einaudi – una appassionata storia della sua vita – si è spenta nella casa di romana con una mente ancora lucidissima e attenta ai fatti del Paese. In direzione sempre ostinata e contraria, persona molto riservata, fu nominata da Palmiro Togliatti responsabile della politica culturale del Partito Comunista Italiano e fu eletta alla Camera nel 1963. Venne poi radiata con l’accusa di “frazionismo” dal comitato centrale del Partito nel 1969; e proprio dopo la sua espulsione (correnti non previste), poco cicatrizzata anzi una cicatrice sempre aperta e sanguinante, fondò lo storico quotidiano “Il Manifesto” in collaborazione con Lucio Magri, Luigi Pintor e Valentino Parlato.
Mai come in questo periodo e secolo, le tematiche, i temi, le lotte, le idee e i pensieri per cui Rossana Rossanda ha combattuto in trincea e con ardore per tutta la vita si sono rivelati non rimandabili anzi attualissimi e urgenti: la parità di genere, i diritti delle donne, la lotta contro il razzismo. In un Paese dove non si apre più (o quasi) un giornale e si legge un libro, ricordare la sua figura è particolarmente interessante e cosa sofferta. La sua passione per i libri era primaria: la lettura per la lettura.
Suo padre, a 13 anni, le regalò due volumi di Renato Serra, oggi sconosciuto ma per le generazioni di allora, un nume tutelare. Racconta la Rossanda – nella sua biografia – la prima decisione da ragazzina, di diventare bibliotecaria. Leggeva di tutto, tutto quello che si poteva trovare in una famiglia medio-borghese, nella biblioteca di casa, senza nessun divieto. Fin da piccola scriveva, una passione innata e prepotente, già a 17, 18 anni, alcuni romanzi. E poi, il suo rapporto forte e intenso con il ’68: impegno etico e civile, rifiuto rabbioso della quotidianità “borghese” materialistica e priva di ideali, rifiuto della cultura di allora concepita come vuota, triste e banale; temi sempre da lei ripresi, sospetto nei confronti della scienza, giudicata non neutrale ma piegata al profitto e agli interessi del capitalismo. Mai stata populista: “Non lo sono mai stata, non può esserlo chi è venuto alla politica dal rifiuto del fascismo”.