Intervista a Sebastiano Somma, attore di teatro, fiction tv, cinema e volto notissimo della televisione, una lunga carriera artistica sotto i riflettori e sui palcoscenici del teatro importante. Una lunghissima carriera la sua, un piacere dialogare con lui.
Il teatro è senz’altro il suo primo e continuo amore: le sue prime opere nella filodrammatica napoletana con le opere di Scarpetta e Eduardo. E’ stato diretto anche da Giorgio Albertazzi e Gigi Proietti. L’attore è impegnato attualmente al Teatro Ghione di Roma con il reading teatrale de “Il vecchio e il mare”, capolavoro di Ernest Hemingway – grande scrittore e giornalista Statunitense – di cui è regista e attore, in scena dal 22 al 25 ottobre prossimi. Una forma d’arte preziosa, un testo importante. Adattamento Lucilio Santoni, con Sebastiano Somma e Cartisia J. Somma, al violino il Maestro Riccardo Bonaccini, regia Sebastiano Somma.
Tanto teatro, ma anche moltissima televisione e cinema
Sebastiano Somma, noto al grande pubblico anche per i suoi ruoli nelle 3 stagioni televisive di “Sospetti”, successivamente nella serie tv “Un caso di coscienza” e per alcune delle più importanti e amate fiction Rai e Mediaset. Per la regia di Fabrizio Costa, interpreta due fiction importanti: “Senza confini “ e “Madre Teresa”, con due importanti e belle interpretazioni; attualmente protagonista del film “Una Sconosciuta”, regia di Fabrizio Guarducci, prodotto da Matteo Cichero per conto della società Fair Play, tratto dall’omonimo romanzo scritto dal regista stesso.
Partiamo dallo spettacolo “Il vecchio e il mare”, in scena al Teatro Ghione di Roma dal 22 al 25 ottobre prossimo: un testo importante tratto da un vero capolavoro di letteratura
In scena dal 22 al 25 ottobre, lo spettacolo “Il vecchio e il mare” è un reading teatrale del capolavoro di Hemingway, una bella lettura scenica in cui curo la regia, una scelta fatta nel periodo nel lockdown già precedentemente portato a teatro anche in estate scorsa. Questo era un progetto messo in cantina e successivamente invece, rileggendone il testo – in particolare la grande forza di questo testo – e di ciò che racconta ossia il viaggio in mare, la solitudine, la sconfitta, la rinascita soprattutto, ho voluto riprendere il percorso dello spettacolo riportando a teatro questo intramontabile capolavoro.
Interpreti il protagonista Santiago, che sfida incontenibili forze della natura a caccia di un enorme pescespada, metafora della continua lotta tra l’uomo e la natura, l’attesa di qualcosa che deve accadere, il tempo che scivola via, la rinascita, la solitudine, metafora della profondità della vita: nella vittoria si nasconde la sconfitta, eterno dramma dell’essere umano. Il testo che lei affronta è un bilancio di quello che passiamo e affrontiamo nella nostra vita. Come ti sei calato nel ruolo?
Calarsi nella parola di un testo importante, impegnativo. Ho voluto riprendere questo percorso artistico proprio nel periodo della quarantena, in cui la percezione di tutti i sentimenti che suscita il testo arrivavano facilmente nel cuore, le nostre emozioni sono amplificate. Rileggendo il libro in quel periodo di lockdown, mi sono arrivate tutte queste emozioni con grande forza, per cui quello che faccio è “gridare” la disperazione di quest’uomo, del protagonista Santiago, e lanciare il messaggio del protagonista che raggiunge il momento più alto “l’uomo può morire ma non può essere sconfitto”. I temi affrontati da Hemingway sono attuali: temi già dentro di noi. Mi sono preparato naturalmente sui testi ma soprattutto mi sono messo nei panni di questo “vecchio”, del protagonista, e mi sono lasciato andare al viaggio dell’autore, ho cercato di attingere alla potenza della parola per esprimere al meglio i concetti.
Un invito anche ad andare a teatro. Il teatro è un luogo sicuro, come il cinema, occorre ribadirlo soprattutto in questo momento difficile per la cultura, l’arte: l’Associazione Nazionale Esercenti Cinema ha fatto sapere, per esempio, che dalla riapertura non è stato registrato alcun caso di contagio
Comprensibile un po’ di timore e paura ma ad oggi possiamo dire che i contagi scaturiti dal teatro e dalla sala cinematografica siano davvero quasi nulli. Il teatro è un luogo in cui la gente è molto protetta: la distanza, il giusto distanziamento sociale, la sanificazione, grande attenzione e scrupolo verso tutte le norme sanitarie.
Negli ultimi anni mi sono dedicato ormai, intensamente, a progetti teatrali che mi piace fare e realizzare: ho finito da poco il percorso con “Uno sguardo dal ponte”, di Arthur Miller – il grande drammaturgo Statunitense – con grande successo. Ho il desiderio di scegliere i progetti e il teatro, che è il mio primo amore, ha ora la priorità. Come ho detto in un’altra intervista, “il teatro può contagiare soltanto con la sua intensità emotiva”! E non solo il teatro ma tutto quello che è arte, bellezza e che suscita emozioni.
Tornando allo spettacolo in scena al Teatro Ghione, il tutto è caratterizzato da un percorso straordinario tra la parola e la musica: entrambe suscitano grandi emozioni. Il teatro è questo: contagi pochissimi o nulli, emozioni tante.
Come risponde il pubblico? Il reading “Il Vecchio e il mare” lo hai già portato in scena in vari teatri e sei reduce da “Uno sguardo dal ponte”, come dicevamo. Nonostante la paura del virus, come risponde la gente?
Il pubblico risponde bene, nonostante tutto. Il vecchio e il mare l’ho portato in scena anche questa estate appena trascorsa in tutta Italia e lo stiamo portando anche in provincia, nei piccoli Comuni, aderendo al progetto “Piccoli Comuni si Raccontano”, della Regione Lazio, realizzato da ATCL in collaborazione con LazioCrea. E’ un bellissimo progetto, con produzioni di spessore: il 30 ottobre prossimo sarò a Sant’Angelo Romano – nordest romano – mentre già siamo stati in scena a Roccasecca dei Volsci, un bellissimo paese arroccato, a Oriolo Romano, sempre per il progetto “Piccoli Comuni”. E’ importante portare il teatro in piccoli centri, in luoghi desiderosi di arte e bellezza, in provincia: la gente ha voglia e bisogno di emozionarsi. Non solo grandi città, non solo la Capitale, è importante ripartire anche dai territori.
Hai fatto tanta televisione, fiction e serie tv di successo, cinema: come è cambiata la televisione, che rapporto hai con il cinema e, secondo la tua esperienza, cosa manca oggi alla tv e al cinema? Mancano creatività, mancano gli autori, si osa forse di meno?
C’è una televisione chiamata “generalista” che continua a portare avanti sempre un tipo di progetto, destinato a un pubblico che ha bisogno di vivere cose più rilassate e rilassanti, raccontate nel miglior modo possibile, a volte un po’ troppo schematiche; e poi c’è la tv alternativa, ci sono le piattaforme streaming come Netflix, film e serie tv, destinate a un pubblico più giovane. La televisione ancora fa ancora molta differenza sotto questo aspetto e secondo me, sbaglia, perché trovo che il pubblico – anche quello della televisione generalista – sia pronto a recepire qualsiasi tipo di messaggio quindi bisognerebbe dare forza ai linguaggi rendendoli più creativi, osare di più, con autori giovani che sicuramente non mancano.
Ci si sta appiattendo “verso il basso”?
Il pubblico della tv generalista, fondamentalmente è un po’ abitudinario, vorrebbe vedere l’attore sempre nella stessa veste. Ho fatto una fiction con Vanessa Incontrada “Come una madre”, in cui recitavo il ruolo di un cattivo (il cattivissimo della storia, Ndr) e la gente rimaneva stupita, qualcuno mi diceva “non ti vedo in questo ruolo, non la vedo come cattivo…” Fondamentalmente, forse, siamo un po’ tutti abitudinari però la gente, nello stesso tempo, è anche pronta a recepire immediatamente le novità e il problema resta a volte su qualche dirigente che ha paura di sbagliare e ripete all’infinito. E’ bello sperimentare senza avere la spada di Damocle dello share; sappiamo che la tv generalista per vivere deve vendere i suoi prodotti a una fascia maggiore di pubblico.
La versatilità è la qualità di un attore?
E’ proprio quello a cui sto lavorando da molti anni, soprattutto negli ultimi anni: scelgo dei ruoli a prescindere che siano in teatro, in televisione o al cinema e questo mi fa sentire più libero.
C’è un sogno nel cassetto, professionalmente parlando, che non hai ancora realizzato?
Per quanto riguarda la parte professionale, sicuramente essere diretto da registi come Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, Saverio Costanzo.
Progetti attuali?
Ho terminato di girare a Chianciano Terme il film “Una sconosciuta”, da gennaio nei cinema. La regia è di Fabrizio Guarducci, tratto dall’omonimo romanzo dello stesso regista, oltre a me ci sono le attrici Desirée Noferini e Sandra Ceccarelli tra i protagonisti. E’ un film delicato, molto intimista, racconta la ripresa e la rinascita di un borgo, grazie a una sconosciuta: ambientato infatti nel periodo del lockdown, è la storia della rinascita di questo borgo con l’arrivo di questa “sconosciuta”. Nel frattempo porto in giro ancora lo spettacolo dedicato a Dalla e Battisti – che faccio già da tempo – si chiama “Lucio incontra Lucio” di cui ho curato anche la regia che racconta la vita di Lucio Dalla e Lucio Battisti; sono in scena con nove musicisti e racconto aneddoti sulla loro vita, sulla parte artistica. Sarò con lo spettacolo in Friuli dal15 al 25 novembre prossimo e lo porterò successivamente anche a Roma.
Che rapporto hai con i talent, andresti al Grande Fratello?
Mi divertono e a volte li seguo anche con mia figlia 15enne. Tra quelli che seguo, X-Factor è sicuramente tra i miei favoriti, c’è tanto talento tra i giovani e mi piace: trovo ci siano ragazzi, artisti, davvero sorprendenti. Inoltre, guardo a volte anche il Grande Fratello perché è una macchina costruita perfettamente ma non ci andrei. Mi hanno contattato lo scorso anno per poter andare ma non mi sentirei a mio agio, mi sentirei un pesce fuor d’acqua. Però spesso lo guardo con simpatia, è anche una boccata di ossigeno e relax in un momento in cui l’argomento “Covid” domina inevitabilmente le notizie da mattina a sera. Poiché i concorrenti del GF sono fuori e lontani da tutto, si ha la sensazione – seguendoli – di non pensare a questo aspetto così delicato e importante che stiamo vivendo quotidianamente. In tal senso, quindi, il Grande Fratello è una “boccata d’aria”.
Prima di salutarti, cosa ti auguri per l’arte e la cultura nel nostro Paese?
Mi auguro una maggiore attenzione in generale, cosa che non c’è stata. Ho trovato troppa disattenzione verso la cultura e l’arte che rappresentano la crescita sociale importante di un Paese. Non si può abbinare – a mio avviso – la parola “arte” ad una “risata”.
La cultura, sale della vita?
La cultura è fondamentale per la crescita di un popolo, socialmente ed economicamente. Mi auguro che i ragazzi possano crescere con la voglia di una conoscenza diversa da quella che ci propina oggi la società: superficialità fatta solo di apparenza e bellezza. Mi auguro che il Governo dia maggiore attenzione ai disagi economici che stiamo vivendo e che colpiscono vari settori, tra cui gli addetti ai lavori dello spettacolo. Mi piacerebbe che il nostro Governo – ma anche i nostri giovani – possano avvicinarsi maggiormente al rispetto che molti Paesi, tra i quali la Francia, hanno nei confronti della cultura.
Cultura, tra i piaceri della vita.