Marco Moreschini ha scelto da qualche anno di vivere a Bruxelles dove lavora presso il Garante Europeo della Protezione dei Dati insieme a sua moglie e alla sua bambina. A causa della pandemia i suoi viaggi a Castel Madama si sono dovuti ridurre tanto da impedirgli, come molti altri connazionali che vivono all’estero, di passare le feste appena trascorse a casa con parenti e amici. Sommelier con un amore spiccato per la buona tavola ha raccontato a Point la sua esperienza e lanciato un messaggio importante a chi vive in Italia.
Da quando vivi all’estero e per quale motivo hai preso questa decisione?
Devo dire che l’incontro con Bruxelles è stato piuttosto casuale: un giorno nel 2009, lessi sul sito dell’ Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, della possibilità di un distacco presso la Commissione europea ed io, segretario comunale già da qualche anno, inviai un po’ di curricula, così, per cercare di coronare quel sogno che avevo dai tempi dell’università, dell’Erasmus a Bruxelles e della mia tesi in diritto delle comunità europee, vale a dire di lavorare davvero per le istituzioni europee, anche solo per un anno o due. Feci domanda e un capo unità lituano alla Commissione mi chiamò a fare questo distacco. Da due anni poi sono diventati quasi dodici. All’inizio venni da solo, poi mi ha raggiunto l’allora mia compagna, che poi è diventata la madre di mia figlia e poi mia moglie. Praticamente la nostra famiglia si è formata qui a Bruxelles ed è per questo che sarà comunque difficile rientrare un giorno.
Sei rimasto a Bruxelles perché in Italia per te non c’erano sbocchi professionali validi?
No, non sono venuto per mancanza di sbocchi professionali, perché in quanto lavoratore distaccato posso tornare in qualsiasi momento a fare il mio lavoro in Italia. Si sono susseguite una serie di situazioni e occasioni che hanno fatto prolungare il mio distacco fino ad ora e anzi devo ringraziare proprio il Ministero dell’Interno, ente datore di lavoro, che mi ha permesso di poter poi svolgere la mia attività professionale prima alla Commissione europea ed ora al Garante Europeo della Protezione dei Dati.
Quest’anno insieme alla tua famiglia non sei potuto rientrare, immagino sia stata una decisione obbligata ma anche difficile da prendere…
In effetti non è stato semplice, ma lo stato belga sconsigliava i viaggi, in Italia la situazione è assai complicata e con la mia famiglia non abbiamo voluto mettere a repentaglio il rientro a scuola di nostra figlia e anche la salute della nonna giù in Italia. La responsabilità ha prevalso sugli affetti, anche se in effetti è stato davvero un Natale particolare.
Cosa ti è mancato di più durante le feste?
Sicuramente gli affetti familiari, gli amici, le nostre abitudini, i nostri luoghi. Quello che ci caratterizza. Quando si vive fuori, lo si fa soprattutto per lavoro e, sebbene ottime e costanti, le relazioni che si hanno qui non raggiungono l’intensità affettiva di quelle dei nostri luoghi di provenienza.
Quale tradizione italiana avete rispettato a Natale?
Beh, i pranzi e le cene in una casa di sommeliers sono d’uopo tutto l’anno, ma a Natale abbiamo cercato di onorare le tradizioni culinarie di famiglia con pasta fatta in casa (tortellini, maltagliati) , frittelli, cena della vigilia di magro e pesce e giorno di Natale con abbondante carne, così come ci siamo attrezzati per non farci mancare il cotechino e le lenticchie il giorno di capodanno. So che può sembrare banale, ma non è affatto semplice reperire un cotechino qui a Bruxelles. Per il resto siamo in un lockdown leggero oramai dal 18 ottobre (ristoranti e bar chiusi), in teoria si sarebbe, come si può ancora ora, uscire, ma il tempo non è stato così clemente durante le Feste.
Lancia un messaggio ai tuoi connazionali per questo 2021.
Il 2021 deve essere l’anno del riscatto. Dobbiamo pazientare ancora un po’, e aspettare che il piano di vaccinazioni raggiunga un numero importante di persone. Solo allora potremo ritornare, sempre gradualmente, ad una vita più normale. Quello che volevo dire è di non di lamentarsi troppo della situazione italiana, perché in tutta Europa questa pandemia ha creato problemi, e nessun governo è stato veramente all’altezza di fronteggiarla secondo le attese. Forse è proprio l’uomo occidentale, abituato ad essere infallibile che deve accettare la nostra fallibilità, a prescindere dalla nostra nazionalità. Un periodo tremendo, che si supera con calma, pazienza, e con l’indispensabile aiuto della scienza. È la prima volta che l’umanità intera si cimenta con una epidemia di tale pericolosità e dimensioni da almeno cento anni, ma le epidemie nella storia hanno sempre colpito e sempre lo faranno, specie con i rivolgimenti all’ambiente e ai fenomeni naturali provocati proprio dalla mano umana. Ergo, pazienza e fiducia, e ripartiremo forse meglio di prima, con una maggiore consapevolezza dei nostri limiti.
Grande Marco! Un eroe dei nostri tempi!