Parliamo di Turchia, parliamone tanto, parliamo sempre. Non solo per la questione della sedia che non è spettata a Ursula Von der Leyen, a cui è toccato un mesto e defilato divano in una visita ufficiale, ma anche per quello che è accaduto nelle settimane precedenti e di cui forse si è parlato davvero troppo poco. La storia è presto raccontata: la Turchia è uscita dalla Convenzione di Istanbul, che proprio quest’anno compie 10 anni. Un documento di fondamentale importanza perché si tratta del primo strumento internazionale con un valore giuridico e di prevenzione per la lotta contro la violenza sulle donne adottato dal Consiglio di Europa proprio nel 2011.
Il Paese guidato da Erdogan è formalmente uscito e prima di questo addio si era consumato quello di Ungheria e Polonia. Per il governo turco questo strumento di tutela, che per una beffa del destino proprio nella sua capitale era stato firmato, andava rivisto perché in contrasto con l’Islam. A chiedere un passo indietro, difficile se non impossibile vista l’indole di Erdogan e le scelte politiche messe in campo, sono state anche un gruppo di associazioni tiburtine, attive da tempo sul territorio.
“Le associazioni del Coordinamento delle donne 8marzo2012, ReteRosa, Noi Lilith si uniscono alla protesta delle tante associazioni di donne che sono scese in piazza contro la decisione del premier turco Erdogan di uscire dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, meglio conosciuta come Convenzione di Istanbul, firmata proprio ad Istanbul nel 2011”, raccontano le attiviste. “La Convenzione rimane, a tutt’oggi, lo strumento fondamentale che permette ad un Paese di darsi degli ordinamenti per prevenire la violenza di genere, proteggere chi la subisce e punire chi la commette perché offre una serie di provvedimenti di prevenzione e repressione della violenza contro le donne e offre sostegno alle vittime di violenza, prevede per loro forme di risarcimento, vieta il matrimonio forzato e le mutilazioni genitali”. “Non permetteremo a queste forze di arrestare il nostro cammino per il diritto di vivere libere dalla violenza. Siamo solidali con le donne turche e con tutte le donne che ogni giorno lottano per contrastare questo ennesimo attacco alla libertà delle donne”. Parlarne forse resta l’arma più potente per continuare a sperare che un futuro migliore sia ancora possibile.